Ripreso con forza il traffico di armi verso il Sahel

di claudia

di Céline Camoin

Il traffico di armi dalla Libia e da altre fonti di approvvigionamento verso la regione del Sahel sarebbe ripreso con rinnovato vigore, avendo come conseguenza l’escalation di atti di violenza nella regione e nei suoi dintorni: lo sottolinea un rapporto della rivista Africa Defense Forum (Adf), i suo contenuti salienti sono rilanciati dalla testata nigerina L’Evenement.

Dopo un periodo di regressione del traffico di armi verso il Sahel, gli analisti ritengono che il fenomeno sia ripreso, generando nuove violenze. Secondo Hassane Koné, ricercatore senior presso l’Institute for Security Studies (Iss), “la presenza militare nel nord del Niger e lo scoppio della seconda guerra civile in Libia nel 2014 hanno rallentato il flusso di armi verso sud”. “Con l’aumento della domanda di armi in Libia, i gruppi jihadisti hanno guardato altrove, intensificando gli attacchi alle caserme dell’esercito in Burkina Faso, Mali e Niger per saccheggiare le loro scorte di armi e munizioni”, spiega. Inoltre, secondo le informazioni, nonostante l’embargo sulle armi in Libia, le ingenti scorte di armi dell’ex regime di Gheddafi continuano a circolare nel Sahel.

Secondo uno studio condotto da Conflict Armament Research (Car), un’organizzazione investigativa che monitora il movimento di armi, munizioni ed esplosivi nelle zone di conflitto sempre citata da L’Evenement Niger, ci sono molte armi in circolazione all’interno e intorno al Sahel. L’organizzazione stima in un rapporto che il 17% delle armi sequestrate ai ribelli legati a Boko Haram nel sud-est del Niger sono state dirottate dalle scorte in Ciad, Niger e Nigeria. Inoltre, le armi usate da gruppi estremisti in Burkina Faso e Mali sono state attribuite anche ai soldati nazionali della regione.

“Ci si possono aspettare vittime sul campo di battaglia, ma il rischio sorge quando le armi vengono recuperate da attori non autorizzati che possono quindi facilitare la diversione o l’uso improprio”, ha scritto Ashley Hamer, Field Investigator del Car, per Inkstick Media. Stima che quasi la metà delle armi che continuano a diffondersi nel Sahel e che vengono utilizzate dai terroristi provengono da scorte statali dagli anni ’70 agli anni ’90.

I ricercatori del Car affermano che le armi più recenti esaminate nei sequestri nel Sahel provengono generalmente da quattro fonti principali: traffico illegale attraverso la Libia, perdite sul campo di battaglia dovute a raid contro le forze di sicurezza in Burkina Faso, Ciad, Mali, Niger e Nigeria, pistole e fucili di contrabbando venduti al mercato nero dell’Africa settentrionale e occidentale, deviazione di armi da fuoco ed esplosivi legalmente importati nel Sahel.

Con l’aumento del traffico di armi nel Sahel, sono cresciute anche le risposte delle autorità governative, regionali e internazionali. Nel 2017 l’Unione Africana ha lanciato un’iniziativa denominata “Silenziare le armi” entro il 2020. Il termine è stato superato ed è stato riportato al 2030. L’Unione Europea ha lanciato l’Operazione Irini nel 2020 per rispettare l’embargo sulle armi imposto dall’Onu alla Libia dopo la seconda guerra civile libica. L’organizzazione internazionale di polizia Interpol è riuscita ad arginare il proliferare del traffico illegale di armi in Africa attraverso la collaborazione con Afripol e l’Onu. A giugno, l’operazione Trigger VIII ha recuperato 480 armi da fuoco, identificato e smantellato 14 reti criminali organizzate e ha visto arrestare 42 persone per reati di armi da fuoco.

Gli esperti raccomandano una una maggiore trasparenza e collaborazione nel rintracciare il materiale sequestrato, tra produttori, autorità di importazione ed esportazione, forze dell’ordine e investigatori forensi.

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