23/06/13 – RD Congo – Giro del Congo, il ciclismo pedala contro la guerra

di AFRICA

Da una parte il ciclismo, dall’altra la guerra. È cominciata giovedì 20 giugno la prima edizione del Giro del Congo, che si propone di essere uno dei principali eventi ciclistici dell’Africa. Ma, soprattutto, una fotografia del Paese che il Congo potrebbe e vorrebbe essere.

La corsa dura otto tappe per un totale di quasi 1.000 chilometri, e si conclude nella capitale Kinshasa giovedì 27. Ma a differenza dei classici Giri di ciclismo, la corsa del Congo non attraversa tutto il Paese.

La manifestazione si tiene ben alla larga dalle regioni orientali, quelle tormentate dalle milizie ribelli.

La Repubblica Democratica del Congo, infatti, è sconvolta da una guerra civile che sembra non avere fine. Dopo un breve periodo di relativa stabilità, gli scontri fra l’esercito regolare e i ribelli sono riesplosi con violenza nel 2008, e da allora proseguono a fasi alterne. Con i ribelli che, a loro volta spaccati all’interno, controllano miniere e villaggi in una zona periferica della nazione che lo Stato centrale non riesce a pacificare. Il tutto in un Paese in cui la malnutrizione e le carenze sanitarie (causate dal conflitto, ma non solo) continuano a uccidere quasi 40 mila persone ogni mese.

Per una settimana, però, tutto questo lascia spazio a quello che può considerarsi a buon diritto il più importante evento sportivo del Paese dai tempi dell’incontro di pugilato fra Muhammed Ali e George Foreman, il famoso Rumble in the jungle (letteralmente, Terremoto nella giungla), disputatosi nel 1974 a Kinshasa.

L’organizzazione del primo Tour del Congo è costata circa 1 milione di dollari, raccolti in gran parte dal governo, con l’aiuto di alcuni sponsor privati. E per la copertura televisiva è stata anche ingaggiata una compagnia che utilizza i droni, i velivoli senza pilota comandati dal suolo.

L’obiettivo è promuovere il ciclismo, ma anche mostrare un volto diverso del Congo. «Un tempo il ciclismo era il secondo sport più popolare in Congo dopo il calcio, poi è stato quasi azzerato a causa delle difficoltà economiche» ha affermato Sylvestre Mutayo, presidente della Federazione ciclistica congolese. «Con questa corsa intendiamo cominciare a recuperare il terreno perduto. E poi serve anche a mostrare agli spettatori che il Congo ha buone infrastrutture e una popolazione amichevole e ospitale, aperta al turismo».

Il confronto economico con le grandi corse europee è quasi ridicolo, visto che una vittoria al Giro d’Italia può valere quasi 500 mila euro, e il Tour de France viaggia su cifre ancor più alte. Ma per il ciclismo africano il montepremi è insolitamente alto: 7 mila dollari per il primo posto, 5 mila per il secondo, 3 mila per il terzo non sono spiccioli per ciclisti che in alcuni casi non sono neppure professionisti. Proprio come al Tour de France, la maglia del primo in classifica è gialla; ma qui si aggiunge un richiamo della bandiera nazionale, con i colori blu, rosso e giallo.

Quella del Congo è una settimana di ciclismo amatoriale, quasi ‘eroico’. E non potrebbe essere diversamente, in un Paese davvero poco adatto alle due ruote: è stato calcolato, infatti, che dei circa 153 mila chilometri di strade presenti in Congo (nonostante una superficie d’estensione di quasi 2,5 milioni di chilometri quadrati) appena 3 mila sono asfaltati. Un fattore che ha già creato qualche problema.

Il primo leader della corsa, Emmanuel Rudahunga, per esempio, è stato costretto a cedere la maglia del primato a causa della rottura della catena: a differenza del ciclismo europeo, dove un’ammiraglia con tecnici e pezzi di ricambio è sempre a due passi dal gruppo, in Africa è un miraggio: l’atleta ha dovuto riparare da solo il danno, accumulando un notevole ritardo.

Gli oltre 60 partecipanti vengono da molte nazioni africane (come Togo, Benin, Burkina Faso, Costa D’avorio, Tanzania e Uganda), ma anche dalla Francia. Particolarmente significativa è la presenza di quattro ciclisti della Ruanda, in un momento in cui i rapporti con il Congo sono tesissimi, a causa dell’appoggio che il governo di Kigali ha offerto ai ribelli congolesi. Ma nello sport i dissapori politici e gli orrori della guerra scompaiono. Almeno per qualche giorno. * Lorenzo Vendemiale – Lettera43

 

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