Zimbabwe, in progressivo aumento la migrazione verso il Sudafrica

di claudia

di Andrea Spinelli Barrile

Secondo i dati del censimento di Pretoria, la migrazione dallo Zimbabwe verso il Sudafrica è aumentata di circa il 50% tra il 2011 e il 2022. Solo lo scorso anno, circa 1,01 milioni di zimbabweani vivevano nel Paese confinante, quasi il doppio rispetto ai 672.308 dell’ultimo conteggio, risalente al 2011. L’aumento è più del doppio della crescita della popolazione totale del Sudafrica, che nello stesso periodo è aumentata del 16,5%, a 62 milioni di persone. L’accelerazione della migrazione da nord verso sud segue un decennio di peggioramento delle condizioni economiche nello Zimbabwe.

I dati sull’emigrazione pubblicati per la prima volta dall’agenzia statistica dello Zimbabwe nel settembre dello scorso anno mostravano che 908.913 dei 16 milioni di cittadini stimati del Paese vivevano all’estero, e l’85% di loro era in Sudafrica. Numeri che, probabilmente, sono sottostimati: la frequente migrazione tra paesi vicini che rende difficile una valutazione accurata ed è improbabile che gli stranieri privi di documenti partecipino ai sondaggi sulla popolazione.

Un tempo massiccio esportatore di cereali e una delle nazioni africane più istruite, lo Zimbabwe ha iniziato la sua caduta libera nel 2000, dopo che l’allora presidente Robert Mugabe aveva avviato il sequestro delle terre agli agricoltori bianchi: i proventi delle esportazioni crollarono e ne seguì l’iperinflazione, che portò all’abolizione della valuta nazionale nel 2009. Mugabe è stato rovesciato nel 2017 e il suo successore, Emmerson Mnangagwa, ha proclamato il paese “aperto agli affari”. Tuttavia, ad oggi meno di un lavoratore su 10 è formalmente impiegato e la maggior fa fatica ad arrivare a fine mese. Oggi il Paese non ha accesso a linee di credito estere da più di due decenni e sta cercando di ristrutturare 18 miliardi di dollari di debito.

Un’ulteriore conferma dell’esodo dei lavoratori in corso arriva dal Regno Unito, che lo scorso anno ha allentato le regole di ingresso per far fronte alla carenza di competenze conseguente all’uscita dall’Unione Europea nel 2016 e all’inizio della pandemia di coronavirus nel 2020. I visti sono stati rilasciati a 20.152 operatori sanitari e sociali dello Zimbabwe: un aumento di quasi cinque volte rispetto all’anno precedente e il terzo nella categoria dopo Nigeria e India, nazioni molto più popolose. Si stima che più di 112.000 zimbabwani vivano oggi nel Regno Unito, quasi cinque volte il numero riportato dalle autorità della nazione africana 10 mesi prima.

Un aumento del sostegno da parte degli zimbabwani della diaspora ai loro parenti rimasti in patria è un altro indicatore della tendenza all’emigrazione: secondo la Banca centrale dello Zimbabwe, nei primi sei mesi del 2023 le rimesse sono aumentate del 15%, raggiungendo i 919 milioni di dollari, e rappresentano il 16% dei guadagni in valuta estera del Paese, pari a 5,5 miliardi di dollari.

La Zimbabwe teachers association (il principale sindacato degli insegnanti) stima che 300 insegnanti lascino il lavoro ogni mese e ha avvertito che la loro uscita avrà un pesante impatto sugli standard educativi e sull’economia. Ogni insegnante guadagna in media 200 dollari al mese di stipendio, un decimo di quanto guadagna una badante nel Regno Unito. L’Associazione dei banchieri dello Zimbabwe, che rappresenta i 19 istituti di credito della nazione, stima che tra il 2% e il 4% della forza lavoro del settore emigra ogni anno.

I paesi vicini hanno legami sociali ed economici con lo Zimbabwe legati al commercio di nichel, tabacco, elettricità e cotone, ma anche legami culturali legati ai clan locali. Tuttavia l’emigrazione dallo Zimbabwe si concentra verso il Sudafrica anche per un altro elemento fondamentale: gli altri paesi vicini, come il Botswana, non li vogliono. Il muro che separa Botswana e Zimbabwe è stato paragonato a quello che circonda la Cisgiordania, ma ha più a che fare con i servizi igienico-sanitari che con la geopolitica: la recinzione di filo spinato è alta 2 metri e si estende per circa 500 chilometri. La recinzione è stata inizialmente realizzata per contenere la diffusione dell’afta epizootica tra il bestiame ma da anni le autorità dello Zimbabwe sostengono che la recinzione serva in realtà a impedire agli zimbabwani di entrare illegalmente in Botswana.

Foto apertura: Freepik

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