Vite spezzate tra Africa e Americhe: viaggio nella tratta transatlantica

di claudia
schiavitù

di Mariachiara Boldrini

Raccontare la storia della tratta transatlantica alla cittadinanza. È questo l’obiettivo della mostra che si terrà a Bologna, nella sala d’Ercole di Palazzo d’Accursio, dal 29 Aprile al 28 Maggio. L’esposizione, organizzata dal Settore Biblioteche del Comune di Bologna e dalla Biblioteca Amilcar Cabral in collaborazione con la Maison des Esclaves dell’Isola di Gorée, in Senegal, è visitabile gratuitamente sin dalla sua inaugurazione, che avrà luogo domani, 28 Aprile alle 17.30 presso la Sala Anziani di Palazzo d’Accursio.

La mostra è intitolata “Schiavitù e tratta: vite spezzate tra Africa e Americhe” perché gli storici e gli antropologi che l’hanno curata hanno organizzato un vero e proprio viaggio ricostruendo le tappe che dalla fine del Quattrocento agli ultimi anni dell’Ottocento segnarono prima la nascita e lo sviluppo della tratta e poi la sua abolizione e la fine del commercio legale. “Quello degli esseri umani, considerati alla stregua di un “bene mobile” soggetto a proprietà privata – raccontano gli organizzatori – è stato un interscambio commerciale cruciale nello spazio tra America e Europa, divenendo fattore propulsore dell’emergente sistema capitalistico”. I documenti raccolti dal comitato scientifico hanno così lo scopo di tradurre a un pubblico non specialistico la complessità e la violenza del sistema commerciale schiavistico e l’intreccio di alleanze e complicità tra le aristocrazie e i potentati africani da un lato e gli Stati, i mercanti, i banchieri e i piantatori europei e americani dall’altro.

Lo schiavismo è stato una delle pagine più tragiche della storia e il percorso non si ferma ai legami economici, ma si propone di raccontare ai visitatori gli abusi vissuti degli schiavi nel corso dei secoli. Dagli 11 ai 13 milioni sono coloro che dalle coste dell’Africa raggiunsero quelle del continente americano per vivere esperienze drammatiche di sopruso e privazione della libertà. I documenti della mostra vogliono quindi ripercorrere il viaggio degli uomini, dalle donne e dai bambini, che razziati e stipati nelle navi negriere in condizioni nefaste e al limite della sopravvivenza, intrapresero dapprima la traversata del Middle Passage e poi vennero forzati con la violenza a lavorare nelle fabbriche, come domestici dei padroni o – più spesso – nelle piantagioni di cotone.

Storie dimenticate di resistenza

Si tratta, come cita il nome stesso della mostra, di vite spezzate tra Africa e Americhe, ma anche di esseri umani che hanno tentato di essere protagonisti della propria esistenza, intraprendendo tentativi di quotidiana ribellione e personale resistenza. Per questo alcuni pannelli raccontano quattro storie individuali, quelle di tre schiavi e di uno schiavista. “Sono quattro personaggi con nome e cognome” racconta la professoressa Maria Cristina Ercolessi, dell’Università L’Orientale di Napoli, curatrice e coordinatrice del comitato scientifico. Alcuni erano attivisti istruiti e hanno scritto le proprie memorie, come Eluadah Equiano, nigeriano deportato nelle colonie britanniche, o come Mahommah Gardo Baquaqua, l’unico ad aver testimoniato per scritto lo schiavismo in Brasile; altri, invece, sono rimasti analfabeti, come Harriet Tubman, militante abolizionista protagonista di fughe dal Sud degli USA di cui quest’anno ricorre il duecentesimo anniversario dalla nascita. “Ma tutti e quattro – conclude la professoressa Ercolessi – sono personaggi che hanno avuto un ruolo fondamentale nel propagare la lotta abolizionistica. Un punto a cui teniamo molto è non far conoscere gli schiavi solo come vittime di un sistema, ma come persone che dentro la schiavitù agivano e negoziavano la propria posizione, con le rivolte, con le fughe, con l’attivismo. Anche quando non si ribellavano, all’interno della relazione schiavista cercavano di trarre qualche vantaggio, di difendersi in qualche modo.”
Attraverso queste micro azioni di ribellione, fuga, negoziazione e costruzione di legami famigliari e comunitari gli schiavi del passato hanno inoltre finito per inventare nuovi linguaggi e nuove forme d’arte, come l’inno cristiano “Amazing Grace”, testimonianza di conversione del quarto personaggio la cui storia individuale è narrata nella mostra, il capitano e reverendo John Newton, che nella sua vita è stato prima schiavista e poi un fervente abolizionista. Le sezioni della mostra adibite al racconto della vita sociale nelle piantagioni vogliono infatti tracciare un dipinto degli aspetti culturali e antropologici della vicenda schiavistica, come il fenomeno delle divinatrici, ma anche dimostrare che sin dallo schiavismo l’arte, la musica e la religione sono stati strumenti di lotta per l’affermazione dei diritti di cittadinanza e per il raggiungimento di una giustizia sociale, contribuendo in modo decisivo a contaminare e plasmare la cultura black degli anni avvenire e a influenzare i movimenti politici che si sono battuti per i diritti civili, a partire dalla recente mobilitazione del “Black Lives Matter”.

Piantagione di cotone. Fonte Immagine: A Visual Record of the African Slave Trade and Slave Life in the Early African Diaspora

Un percorso divulgativo e didattico a tuttotondo

Il concetto di razza emerge, infatti, in connessione con la tratta degli schiavi e la mostra vuole essere uno spunto di riflessione per approfondire le radici del razzismo odierno e il perpetuarsi fino ad oggi di meccanismi di violento sfruttamento e simil – schiavismo. Per questo, Giovedì 19 maggio, alle ore 17.30 nella Sala Anziani di Palazzo d’Accursio, Domenico Perrotta (Università di Bergamo) e Timothy Raeymaekers (Università di Bologna) discuteranno di globalizzazione e caporalato, raccontando le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti migranti ed esaminando similitudini e differenze tra la catena di produzione agroalimentare italiana e quella che caratterizzava le colonie americane.

“Scenes on the Congo”, Fonte immagine: A Visual Record of the African Slave Trade and Slave Life in the Early African Diaspora (fine ‘800- la tratta era già stata abolita ufficialmente)

Nel costruire il percorso gli organizzatori hanno infatti pensato anche ad una variegata lista di eventi di approfondimento e attività gratuite che si svolgeranno in parallelo alla mostra e permetteranno alla cittadinanza di approfondire argomenti specifici. Tra questi, dopo l’inaugurazione il 28 Aprile a Palazzo d’Accursio, un incontro sulla memoria della tratta e la valorizzazione turistica dell’isola di Gorée, “l’isola degli schiavi” patrimonio dell’umanità, cui parteciperanno lo storico e archeologo Alioune Dème (Université Cheikh Anta Diop, Dakar) e la geografa Elisa Magnani (Università di Bologna). Ancora, nel Cortile di Palazzo d’Accursio, Martedì 18 Maggio alle ore 18.30, gli artisti e le artiste del Collettivo Hospites si esibiranno con canti della tradizione schiavistica, come le musiche della playlist “Il canto degli schiavi” presente sul canale YouTube della Biblioteca Cabral. La Biblioteca ha inoltre allestito, dal 3 Marzo al 28 Maggio, il percorso bibliografico “Leggere la schiavitù” e nell’ambito del progetto “Patto per la lettura Bologna” ha organizzato un gruppo di lettura in presenza, gratuito e aperto a tutti dedicato alla tratta.

Il percorso “LXL. Leggere per leggere Bologna” è invece un progetto di formazione letteraria e cinematografica dell’Associazione Culturale Hamelin per studenti delle classi secondarie di primo e secondo livello. Alle scuole, infatti, la mostra è specificatamente indirizzata, con visite guidate che durano 1.30 h e sono gratuite per gli studenti bolognesi e dell’area metropolitana. Per la cittadinanza, invece, sarà possibile visitare gratuitamente la mostra il Martedì, Mercoledì, Giovedì e Sabato dalle ore 12.00 alle 18.30 e il Venerdì dalle 14.00 alle 18.30.

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