RDC | Virunga National Park, quando l’instabilità alimenta i traffici illeciti

di Valentina Milani

«Una strage senza precedenti». Con queste parole le autorità del Virunga National Park, in Repubblica Democratica del Congo, hanno commentato il massacro dei 13 ranger del parco uccisi durante un’imboscata il 24 aprile.

Cosma Wilungula, uno dei funzionari della riserva, ha dichiarato che l’attacco è stato il più mortale della storia recente. A prendere di mira un convoglio di civili protetto dai ranger sarebbero stati una sessantina di guerriglieri delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), milizia ruandese di etnia Hutu i cui leader sono stati accusati di avere legami con il genocidio contro i Tutsi del 1994. L’agguato è avvenuto nei pressi del villaggio di Rumangabo. Il più giovane dei ranger aveva 23 anni, il più anziano 40.

l Virunga National Park è un’area naturale protetta che rappresenta il più antico parco nazionale africano. Fondato nel 1925 dalle autorità coloniali belghe, è noto in tutto il mondo per la presenza dei gorilla di montagna, i primati a cui dedicò i propri studi la celebre zoologa Dian Fossey che morì sul campo proprio a causa dei bracconieri il 26 dicembre del 1985 in Ruanda.

Da anni, purtroppo, guerra civile e bracconaggio, continuano a minacciare questo vastissimo territorio, difeso costantemente dai ranger. Il parco è infatti stato ripetutamente colpito dalla violenza tanto che nel 2018 è rimasto chiuso ai turisti per otto mesi a causa di una serie di attacchi al personale (in uno dei tragici agguati perse la vita la ranger Rachel Masika Baraka). Venne in seguito riaperto dopo una revisione approfondita delle precauzioni di sicurezza e il rinforzo dei 700 ranger schierati per mantenere gli animali e visitatori al sicuro.

Ma da che cosa sono attratti i miliziani? Dalle risorse che si celano nel Parco, come avorio, legname, e produzione illecita di carbone. Invischiati in diversi traffici di commercio illegale, puntano anche al petrolio e all’oro, custoditi nel sottosuolo di questa meravigliosa oasi naturale.

Ora il Parco è chiuso ai turisti a causa della pandemia da Covid-19 ma i ranger continuano a fare il proprio dovere per proteggere gli animali e le persone: circa 5 milioni di congolesi vivono infatti nella zona e spesso sono proprio loro gli obiettivi dei trafficanti. Anzi, oggi più che mai i protettori della riserva sono attivi dal momento che molti trafficanti stanno approfittando della situazione di instabilità e incertezza generata dal Coronavirus – e non solo – per incrementare le proprie dannose attività. Non appena infatti si apre un’ulteriore crepa di insicurezza nel Paese, ecco che vi si insinuano movimenti volti ad alimentare bracconaggio e commerci illeciti, ossia alcuni dei più grandi cancri della Repubblica Democratica del Congo insieme alla corruzione.

Non sembra quindi avere pace questo meraviglioso monumento naturale: il Parco soffrì profondamente anche durante la guerra civile che seguì alla caotica caduta di Mobutu nel 1997. La popolazione di gorilla di montagna, in quel periodo, scese a 300. Da allora è salita a più di 1.000 e anche il numero di altri animali, come gli elefanti della foresta, è in aumento. E questo grazie al lavoro dei ranger che continuano a prendersi cura della zona nonostante rischino, ogni giorno, la vita.

(Valentina Giulia Milani)

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