Tigray ed Etiopia, parlano le armi

di Enrico Casale
guerra in Tigray Etiopia

L’unica cosa certa è che nel Tigray si combatte. Non si sa quanti uomini siano stati schierati dal governo centrale di Addis Abeba. Né con quali forze si oppongano i miliziani che difendono lo Stato settentrionale dell’Etiopia. La battaglia però infuria (il premier Abiy Ahmed ha dichiarato che ci sono stati anche attacchi aerei) e il numero delle vittime cresce.

L’esercito federale etiope sta inviando più truppe, ha ammesso il generale Berhanu Jula, vice capo di stato maggiore dell’esercito. L’alto ufficiale ha confermato che le forze sono state mobilitate da tutto il Paese. Questo per fornire supporto al Northern Command, che ha sede nel Tigray e la cui base è stata catturata dal Tplf (il partito al governo in Tigray che si oppone al governo centrale). Un’azione, quella della cattura del comando, confermata dallo stesso Debretsion Gebremichael, leader del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf), che ha dichiarato che i suoi miliziani hanno sequestrato «quasi tutte» le armi al comando. Proprio questa operazione ha fatto scattare la reazione etiope.

È comunque difficile sapere quanto siano stati intensi gli scontri. Da indiscrezioni si è venuto a sapere che i combattimenti sono stati più virulenti al confine tra la regione Amhara e il Tigray. Dal Tigray, però, trapelano poche notizie: Internet e le linee telefoniche sono state interrotte. Tuttavia, l’elettricità è stata ora ripristinata nella regione. Secondo quanto riporta la Bbc, scuole e negozi nella capitale regionale, Macallè, sono aperti e sono ripresi i servizi di trasporto per altre città, ma i residenti dicono che c’è un senso di paura per ciò che i prossimi giorni potrebbero portare.

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha insistito sul fatto che l’operazione militare ha «obiettivi chiari, limitati e raggiungibili». Anche se ha continuato ad accusare il Tplf di «continue provocazioni e istigazioni alla violenza» e ha detto che «l’ultima linea rossa è stata superata». Il generale Berhanu ha anche accusato di tradimento le truppe regionali fedeli al Tplf e ha dichiarato: «Il nostro Paese è entrato in una guerra che non voleva. Questa è una guerra vergognosa. Non ha senso. Il popolo del Tigray, i suoi giovani e le sue forze di sicurezza non dovrebbero morire per questa guerra inutile. L’Etiopia è la loro nazione».

Le tensioni tra il governo e il Tplf si sono intensificate negli ultimi mesi. Il Tplf è stata la forza dominante nella coalizione di governo dell’Etiopia dal 1991 al 2018, ma il suo potere è diminuito da quando Abiy è diventato primo ministro. L’anno scorso, il premier Abiy ha sciolto la coalizione di governo, composta da diversi partiti regionali a base etnica, e li ha fusi in un unico partito nazionale, il Prosperity Party, al quale il Tplf si è rifiutato di aderire. Il partito che raccoglie i voti della popolazione tigrina, ha accusato l’amministrazione di Abiy di aver tentato di distruggere il diritto all’autodeterminazione del Tigray e di aver cospirato con l’Eritrea, il vicino settentrionale dell’Etiopia, per organizzare un attacco militare.

Alcuni giorni fa, Debretsion Gebremichael aveva accusato Addis Abeba di voler aggredire il Tigray: «Nelle regioni intorno al Tigray c’è un ammassamento di forze militari. Ci stanno circondando con le loro forze». Aveva poi aggiunto: «Non c’è motivo per un conflitto, il popolo del Tigray ha tenuto un’elezione e ha scelto i suoi rappresentanti».

Il rischio è che la guerra civile prosegua per molti mesi.

(Tesfaie Gebremariam)

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