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cannes

    caftano blu
    CINEMA

    Un caftano blu

    di claudia 16 Giugno 2022
    Scritto da claudia

    di Annamaria Gallone

    Si chiama The Blue Caftan il lungometraggio della regista marocchina Maryam Touzani scritto con Nabil Ayouch che ha debuttato di recente al Festival di Cannes. Un film emozionante che vi consigliamo di vedere.

    “Ho un vecchio caftano appartenuto a mia madre che mi ha sempre affascinato. L’ho sempre trovato prezioso perché appartiene a quelle cose che si tramandano di generazione in generazione e che raccontano una storia: quella della persona che per realizzarle ci ha impiegato giorni e messi, impregnandole della sua anima. Ho una certa ammirazione per i mestieri artigianali, che stanno lentamente scomparendo: portano avanti tradizioni che raccontano chi siamo e che fanno parte del nostro DNA. Mi fa male vedere come certe attività stiano morendo a causa di una società che va troppo veloce e che non le valorizza”.

    Così la regista marocchina Maryam Touzani spiega parte dell’ispirazione del suo secondo lungometraggio, THE BLUE CAFTAN, scritto con il marito Nabil Ayouch e presentato nella sezione Un Certain Regard del recente Festival di Cannes: secondo me, uno dei film più interessanti presentati a quest’ultima edizione (17/28 maggio 22).

    La storia è ambientata nella Medina di Saleh, una delle più antiche del Marocco. Ci vivono Mina (Lubna Azabal) e suo marito Halim (Saleh Bakri), cinquantenni, proprietari di un negozio di caftani. La moglie gestisce il negozio e le vendite, il marito è un maleem, un artigiano che confeziona gli abiti. I due sono sposati da 25 anni e lavorano con grande armonia. Hanno un carattere molto diverso: lei è forte, amministra con perizia il negozio e la vita domestica. Lui è invece molto fragile e remissivo, esegue con scrupolo quasi ossessivo il suo lavoro e sembra sempre melanconico. Mina è malata, ha un cancro al seno, ma non fa pesare la sua condizione. Quando assumono un giovane assistente, Youseff (Ayoub Missioui), la donna capisce immediatamente che il marito ne è attratto e che si immerge sempre più nel suo lavoro come per fuggire la tentazione. In fondo lei ha sempre intuito la tendenza all’omosessualità di Halim, ma ora nasce in lei la naturale gelosia. Poi, certa dell’amore di coppia che li unisce, tacitamente accetta il nuovo arrivato. Così il rapporto clandestino dei due uomini si consuma nella sauna, ma poi pian piano il triangolo si trasforma in una nuova famiglia.

    Quando la malattia si aggrava, Mina teme per il marito, la cui fragilità ha protetto per tutta la vita, come una madre: cerca allora rifugio nella fede e fa di tutto per aiutare il suo uomo, perché acquisti coraggio e si accetti.

    “L’amore, ma anche ciò che si è pronti a fare per amore, è vivo in Mina, pronta a vedere il marito finalmente felice se solo si accettasse. Halim è consapevole di essere gay ma non è libero a causa della società che altrimenti lo emarginerebbe. Mina cercherà di liberarlo per amore e per spingerlo ad amarsi. E cosa c’è di più bello che essere accettati come siamo da chi amiamo?”, afferma la regista, che affronta con grande sensibilità e delicatezza una situazione scabrosa, senza mai giudicare ed è tutto amore nella storia che ci narra: un amore che unisce, accetta, sopporta e dura fino alla morte”. E aggiunge: “Mina è una donna profondamente religiosa. Eppure, con Halim e Youssef è uno dei vertici di un triangolo amoroso. Youssef arriva nel loro negozio, è giovane, e si intuisce molto presto che Mina ne è gelosa. Youssef lo intuisce e sa stare al suo posto, non è invadente, guarda, ascolta e percepisce la fragilità della coppia. È solo grazie a Mina che viene integrato nella quotidianità della coppia. Mina capisce che il marito prova attrazione, lei stessa potrebbe essere attratta da Youssef. E l’imminenza della morte le fa affrontare con lucidità le sue paure, trascendendo da sé stessa. Mina accompagna il marito nella sua rinascita e Halim l’accompagna verso la morte”.

    E poi c’è quel filmare materico, sensuale, che già colpiva in Adam, il primo lungometraggio di Touzani. La camera indugia sui corpi e sui visi, sulle trame del caftano, sulle superfici avvolte in una luce meravigliosa luce calda che tutto avvolge. E non ti stanchi mai durante i 124 minuti della durata del film che emoziona profondamente

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    16 Giugno 2022 0 commento
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