Stagione di anomia, di Wole Soyinka

di AFRICA

Un villaggio felice, dove «ogni proprietà era tenuta in comune, alla lettera, sino all’ultimo pezzetto di filo nell’abito di ogni cittadino», e che per il suo «anacronismo suscitava la generale divertita condiscendenza nella sensibilità cosmopolita di una società affamata di profitti» – e abbiamo subito in scena i poli di un dramma tra utopia e anomia, quell’anomia che il sociologo Durkheim definiva come la «situazione sociale in cui le scale di valori e di norme si fanno indefinibili, a motivo di mutazioni troppo rapide». E infatti, leggiamo poco più avanti, «sembra che la nostra generazione sia nata nel corso di una lunga crisi».

In questa dialettica storica innescata dalla religione, responsabile della «rottura in quella prima comunità» – perché «chi diffonde quella fede uccide, incendia, menoma, saccheggia e fa schiava la nostra gente» – s’intreccia la vicenda di Ofeyi in cerca della sua Iriyse sequestrata (anche le assonanze dei loro nomi rinviano al mito di Orfeo ed Euridice).

Dicendo questo, abbiamo detto ancora ben poco non solo della trama, ma dell’atmosfera, dei rimandi intrecciati – storici e mitologici, yoruba come greci, di africanità bentonica e acculturazione violenta… – e dello stile inconfondibile dell’autore, che quando scrive questo romanzo ha ancora fresca nella memoria, e nella carne, la guerra del Biafra (l’edizione inglese è datata 1973). Una narrazione, è stato detto, «di indignazione ma anche di rivolta, in cui Soyinka dà vita, in una costante sovrapposizione di immagini amare e crudeli, a uno stile denso, a un lirismo altamente sensuale» (Christina Davis).

Per la professoressa Itala Vivan, specialista di letteratura nigeriana, Stagione di anomia è «una visione allucinata e disperante di quell’universo in guerra», appunto il recente conflitto civile. I toni sono spesso cupi e anche crudi, a tratti premonitori di un’altra tragedia africana, il genocidio ruandese. Tuttavia, seguendo gli indizi dell’ambientazione del romanzo e del lessico, che fanno costante riferimento alla vegetazione e ai cicli della natura, il sottotesto non è del tutto disperante: «Nelle foreste, cominciava a destarsi la vita»…

Questa riedizione di Season of Anomy, uscito in italiano nel 1981 con la traduzione di Armando Pajalich, rientra nella riproposizione dell’opera di Soyinka attraverso il marchio “narrativa internazionale” di Jaca Book.

Calabuig, 2017, pp. 409, € 20,00

(Pier Maria Mazzola)

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