Mali, chi c’è dietro l’attacco a Sobane?

di Enrico Casale
pastore fulani

Il primo ministro maliano Boubou Cissé ha visitato il villaggio di Sobane per rendere omaggio alle 35 vittime (contro le 95 annunciate in un primo momento) di un attacco sanguinoso avvenuto lunedì. Il massacro del paese, abitato in prevalenza da Dogon, non è stato rivendicato. Gli investigatori non tralasciano alcuna traccia nel ricostruire l’identità degli aggressori.

Le autorità maliane rimangono però caute. Anche se, da più parti e informalmente, si parla degli autori appellandoli «terroristi». Il riferimento implicito è agli uomini del predicatore Amadou Kufa. La zona di azione, il modo di operare e le armi descritte dai testimoni dell’attacco fanno propendere verso questo gruppo.

Quali potrebbero essere le motivazioni della milizia Katiba Macina (cioè il Front de libération du Macina, un gruppo armato – katiba – che proclama il salafismo jihadista)? Il ricercatore Baba Dakono fa un’ipotesi ai microfoni di Radio France Internationale: i jihadisti avrebbero potuto organizzare l’operazione per scatenare conflitti interetnici al fine di offrire poi la loro protezione agli abitanti dei villaggi colpiti. Se questa fosse la realtà, non servirebbe rivendicare l’attacco. Oppure i jihadisti volevano una vendetta? Non si può escludere, ha affermato il ricercatore che lavora all’Institute for Security Studies. Soprattutto perché molti attori sfruttano il conflitto per portare a termine affari non leciti (contrabbando, tratta di esseri umani, traffico di droga, ecc.).

Anche le milizie di autodifesa approfittano della situazione per commettere crimini. Quella di Dan Nan Ambassagou è l’organizzazione più visibile e ben strutturata, presente nel circondario di Bandiagara. Sebbene sciolta dal governo di Bamako dopo la strage nel villaggio peul di Ogossagou nei pressi di Bankas (23 marzo), ha ancora una sua forza e una sua struttura sul territorio. Oltre ad essa, esistono nella regione altri gruppi di autodifesa: quello di Ségou, quello di Djenné e, più a sud, i cacciatori del Circolo del sangue. Milizie molto mobili che non sono state sciolte, nonostante le autorità, dopo il massacro di Ogossagou, ne abbiano ordinato lo smantellamento.

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