Le lotta delle donne africane contro il cambiamento climatico

di claudia

Le donne africane e in generale le abitanti del sud del mondo, sono colpite in modo sproporzionato rispetto agli uomini dall’attuale crisi climatica. Nonostante ciò vengono ancora escluse dai processi decisionali in merito in molti contesti. La loro voce, però, si fa largo nel tempo e nello spazio e molte donne attiviste in Africa stanno cambiando la narrazione e offrendo un contributo scientifico nella lotta contro il cambiamento climatico e la difesa dell’ambiente.

La disuguaglianza di genere, di cui abbiamo parlato in questi giorni, è spesso intrecciata con dinamiche e discriminazioni che pesano ancor più sulle donne. Una di queste è l’emergenza climatica. Secondo Issafrica.org il doppio onere del cambiamento climatico e della disuguaglianza di genere rende le donne più vulnerabili perché si trovano più in difficoltà ad accedere a risorse finanziarie e sociali.

Ancor più di fronte all’emergenza climatica che peggiora le condizioni di vita di molte di loro, diverse donne del continente benché escluse, sono in prima linea per tentare di far sentire la propria voce e provare a cambiare il modo in cui si pensa e si affronta il cambiamento climatico. Cécile Ndjebet, Vanessa Nakate, Bright Toh, Elizabeth Wathuti e Portia Adu-Mensah…sono solo alcuni dei nomi che stanno guidando il cambiamento. Ecco quattro storie di donne attiviste, scienziate ed esperte che rappresentano una schiera ben più ampia.

Il sito di Greenpeace segnala il lavoro di Awa Traoré, attivista senegalese per gli oceani, la plastica e la biodiversità presso Greenpeace Africa. “Sono molto esplicita riguardo alle lotte per il clima, l’economia, il genere e la giustizia razziale che, come tutte le lotte, si collegano e si intersecano” ha spiegato Traoré – “La crisi climatica minaccia i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare delle comunità indigene in prima linea (soprattutto donne) nel Sud del mondo e, cosa ancora più importante, apre la porta a nuove forme di colonialismo, attraverso accordi commerciali ingiusti e un vecchio concetto di aiuto allo sviluppo che non si adatta più. Alcune decisioni prese dai politici rappresentano una condanna a morte per il nostro popolo. Abbiamo bisogno di un cambiamento di paradigma in questa lotta”, si legge sul sito.

Wangari Maathai

Francisca Okeke, segnala il sito Varsity, è una fisica nigeriana e la prima donna capo dipartimento dell’Università della Nigeria. Conosciuta per il suo lavoro sul fenomeno dell’elettrogetto equatoriale per il quale ha vinto nel 2013 un premio L’Oreal-UNESCO per il suo lavoro su questo fenomeno, utile per aumentare la consapevolezza e comprensione del cambiamento climatico.

Un altro nome importante è quello di Portia Adu-Mensah, attivista climatica ghanese, in prima linea sul tema della giustizia climatica. Uno dei suoi focus è quello dell’uso del carbone pulito in Ghana. Il suo attivismo ha acceso un faro sull’importanza di trovare fonti di energia alternative e sostenibili che non contribuiscano alla deforestazione o ad altri danni ambientali.

Portia Adu-Mensah,
Portia Adu-Mensah

La lotta delle per preservare l’ambiente ha inizio prima che si cominciasse a parlare di cambiamento climatico. Una voce africana, femminile e storica è quella di Wangari Maathai. Maathai era una biologa, attivista ambientale e la prima donna in Africa a conseguire un dottorato di ricerca. Nel 1977 ha fondato il Green Belt Movement, associazione volta alla piantumazione di alberi, alla conservazione dell’ambiente e alla difesa dei diritti delle donne. Nel 2004 Maathai è diventata la prima donna africana a ricevere il Premio Nobel per la pace.

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