Il cambio di rotta della Tanzania sulla pandemia

di claudia

La presidente della Tanzania Samia Suluhu non ha raccolto l’eredità politica del suo predecessore Magufuli in merito alla gestione della pandemia. Nel Paese è stata avviata una campagna di vaccinazione e la premier invita il suo popolo ad attenersi alle misure di sicurezza e alle precauzioni indicate dagli esperti sanitari. Un cambio di passo in una politica che nasconde ancora delle ombre. La Tanzania è diventata per gli analisti un caso di studio tra i Paesi africani impegnati a resuscitare l’autoritarismo in Africa.

di Angelo Ravasi

La Tanzania cambia rotta sulla pandemia. E lo fa la presidente Samia Suluhu – succeduta a John Magufuli dopo la sua morte – ammettendo ciò che il suo predecessore negava: il coronavirus non esiste e se esiste si combatte con le preghiere. Questo era il mantra del bulldozer tanzaniano. Ora, invece, la musica è cambiata tanto che la presidente ha avviato, anche, una campagna di vaccinazione, facendosi immortalare mentre viene immunizzata.  Succedendo a Magafuli, Samia Suluhu ha ampiamente rivisto la politica anti-Covid del defunto presidente che sosteneva principalmente la preghiera e i prodotti naturali per sconfiggere il virus. Il programma di vaccinazione della Tanzania è effettuato con il vaccino Johnson & Johnson che richiede solo una singola iniezione. La Tanzania ha ricevuto una spedizione di un milione di questi vaccini lo scorso fine settimana attraverso il programma Covax. Il lancio di questo programma è “storico per la nostra nazione nella sua lotta al coronavirus”, ha spiegato il ministro della Salute, Dorothy Gwajima, dopo aver promosso per mesi succhi vegetali e altre componenti erbacee per combattere il covid.

Solo pochi mesi fa Magufuli si esprimeva così parlando al suo popolo: “Se l’uomo bianco fosse stato in grado di inventare i vaccini, allora ci sarebbero i vaccini per l’Aids, la tubercolosi sarebbe cosa del passato, i vaccini per la malaria e il cancro sarebbero stati trovati”. Questo è il punto più basso raggiunto dal defunto presidente della Tanzania, lo stesso che ha dichiarato “covid-free” il suo paese a metà del 2020. Ma è bene sottolineare che Magufuli, in quella data, ha smesso di fornire i dati sull’epidemia. In un discorso tenuto durante una visita nella sua città natale Gieta, ha anche accusato le persone che sono state vaccinate fuori dalla nazione di portare nuove infezioni e ha ringraziato dio perché ha ascoltato le preghiere dei tanzaniani, comprese le sue, che chiedevano la liberazione dal coronavirus. Evidentemente le preghiere di Magufuli sono servite a poco o a nulla. Rimane, però, un mistero il numero dei casi e dei morti certificati da covid.

Le preghiere di Magufuli – rivolte a chissà quale dio – non sono servite e, allora, la Suluhu si rivolge direttamente alla Chiesa cattolica, ai suoi vescovi: “Fin dall’inizio della pandemia di covid 19 la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo molto importante nella lotta contro questa malattia” ha detto la Suluhu, rivolgendosi ai prelati della Conferenza episcopale della Tanzania. Dunque, il covid esiste. “Ora che ci ritroviamo ad affrontare la terza ondata è importante non mollare la presa”.  Ma dice di più, invita il suo popolo ad attenersi alle misure di sicurezza e alle precauzioni indicate dagli esperti sanitari nel Paese e nel mondo. “È importante pregare Dio affinché continui a proteggerci” – deve essere un vizio presidenziale – ha detto la capo di Stato, invitando i cittadini a essere vigili e esortando i leader religiosi a portare avanti azioni appropriate per educare l’opinione pubblica sul covid 19. Buon per lei.

Tutto cambia?

In pochi mesi tutto cambia. Alla grande chiusura del vecchio presidente, si contrappone la grande apertura della neopresidente. La Suluhu pronta a ricevere aiuti, i vaccini sono già arrivati, di fronte, invece, alle farneticazioni di Magufuli che aveva spiegato che il suo governo avrebbe rifiutato ogni tipo di donazione, non solo perché sarebbe stata un capestro per l’economia di un paese povero come la Tanzania, ma perché certe forniture sarebbero state utilizzate per trasmettere il virus più velocemente. Un cambio di passo c’è stato, sulla pandemia, ma non ci si illuda. Il resto rimane così come ha voluto il vecchio presidente. Niente sconti. Continua la campagna di repressione di ogni forma di libertà di espressione. Tingatinga – soprannome di Magufuli, che significa bulldozer – è passato sopra la democrazia senza troppi scrupoli, proprio come un bulldozer. Il cahier de doléances conta molte pagine oscure, dalla progressiva stretta sulla libertà di informazione, canzoni comprese, alle limitazioni di carattere più direttamente politico, come gli arresti e il divieto delle manifestazioni politiche di dissenso. E con la neopresidente le cose non sono cambiate.

L’ultimo caso, in ordine di tempo, è l’arresto di Freeman Mbowe, presidente del partito di opposizione tanzaniano Chadema, insieme ad altri 15 membri del partito. Le accuse sono pesanti. Il procuratore di stato Ester Martin ha spiegato che Mbowe è accusato di terrorismo e sabotaggio economico, crimini che non consentono la libertà su cauzione: “Si tratta di finanziamento del terrorismo e cospirazione del terrorismo”, ha detto ai giornalisti il procuratore. Arrestato nella città portuale di Mwanza, sul Lago Vittoria, prima di un incontro pubblico organizzato per chiedere la riforma costituzionale, il presidente di Chadema è stato trasferito in una prigione a Dar es Salaam, dove la polizia ha detto che era detenuto “per aver pianificato atti di terrorismo, incluso l’uccisione di leader di governo”. La prima udienza del processo contro il leader dell’opposizione è stata fissata per il 5 agosto. Probabilmente sarà una farsa. Questi fatti dimostrano che la deriva autoritaria non si è fermata. Anzi. Le leggi restrittive nascono come funghi e sono conosciute solo da chi governa lasciando, così, mano libera alle autorità di decidere cosa è lecito e cosa no. Quanto di più lontano c’è da una democrazia matura (oggi il Paese è passato dal settantesimo al centoventiquattresimo posto nella classifica sulla libertà di stampa). La parabola di Magufuli si è conclusa con la sua morte, probabilmente per covid – ironia della sorte – quella della Suluhu non lascia ben sperare. La Tanzania è diventata per gli analisti un caso di studio tra i Paesi africani impegnati a resuscitare l’autoritarismo in Africa.

(Angelo Ravasi)

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