Il caffè ugandese debutta da Starbucks

di Enrico Casale

starbucksKawacom, una delle principali società esportatrici dell’Uganda, ha avviato una collaborazione con Starbucks per vendere caffè ugandese in tutti i suoi punti vendita negli Stati Uniti. La notizia è stata data in questi giorni dai quotidiani ugandesi, ma la collaborazione è iniziata nel maggio di quest’anno quando è stata consegnata la prima derrata di 19,2 tonnellate di caffè. A regime questa intesa darà lavoro a quasi seimila agricoltori ugandesi.

Starbucks è una grande catena internazionale di caffetterie che offre ai propri clienti caffè, dessert e prodotti di pasticceria. Negli Stati Uniti è considerata come luogo di ritrovo per i giovani, soprattutto se studenti o abitanti nelle grosse metropoli.  A livello mondiale conta su circa 20mila punti vendita, di cui 13mila nella madrepatria. Attualmente Starbucks è presente in 58 Paesi.

«L’intesa – ha spiegato al quotidiano “Saturday Monitor” Thomas Delbar, Commercial Manager di Kawacom – fa parte di un progetto di Starbucks per far conoscere nel mondo le qualità pregiate di caffè. La catena americana ne acquista limitate quantità che poi confeziona e invia nei negozi di tutto il mondo. A giudicare dalle prime positive risposte del mercato, abbiamo buone ragioni per credere che abbiamo un futuro luminoso davanti a noi». L’accordo garantisce buoni guadagni anche agli agricoltori che sono pagati un prezzo del 30% superiore a quello di mercato.

L’Uganda è il primo esportatore e il secondo produttore di caffè in Africa e il settimo produttore a livello mondiale. Tra il 1996 e il 2001, la produzione media si è attestata intorno ai 3,3 milioni di sacchi, con un picco di 4,2 milioni di sacchi nel biennio 1996-1997. Attualmente ne vengono prodotti 2,9 milioni di sacchi, il calo della produzione è legato alla diffusione di alcune malattie della pianta. Nel Paese si coltiva principalmente la qualità «Robusta», anche se, in alcune zone, viene coltivata anche l’«arabica» che rappresenta circa l’8% del totale. Il consumo locale è limitato a circa il 3% della produzione.

«Questo – commenta Joseph Nkandu, il direttore esecutivo della National Union of Coffee Agribusinesses and Farm Enterprises – è un primo passo positivo. Nel tempo vedremo quale impatto avrà sugli agricoltori. L’unico aspetto che si preoccupa è che Starbucks si rifornisce ancora dagli intermediari internazionali. Se acquistasse direttamente dai produttori, certamente i vantaggi sarebbero maggiori per gli agricoltori e per tutto il settore primario dell’Uganda».

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