Easy Rider dal Biafra a Maputo. Nella capitale mozambicana cāĆØ un singolare club di centauri che inneggia alla secessione del Sud-est nigeriano. Rombi di motori e rivendicazioni politiche. Ć il curioso connubio che cementa i Madodas Riders, seguaci di un motoclub unico nel suo genere, composto da biker per lo più di origine nigeriana. Un piccolo, interessante caso di integrazione interafricana
testo e foto di Marco Simoncelli
Ā«Quando passi la vita in sella a una moto capisci il significato e il valore della parola ālibertĆ āĀ». Samuel Ogbeide sta pulendo le cromature della sua enorme moto parcheggiata in un cortile del vecchio quartiere di Mafalala, nella capitale del Mozambico, a poca distanza dallāenorme rudere della vecchia arena per la corrida costruita dai portoghesi. Ā«Ovunque ti trovi nel mondo, se incontri un altro biker, diventa subito tuo fratello. E qui al bar abbiamo creato una grande famigliaĀ», dice indicando con lo sguardo un gruppo di persone intente a chiacchierare di fronte al suo locale, abbigliate con pantaloni e guanti in pelle, bandane, stivali e gilet pieni di toppe e borchie.

Samuel, nigeriano di 41 anni, ĆØ uno dei membri più anziani e influenti del gruppo di biker mozambicano Madodas Riders, ma ĆØ prima di tutto il proprietario del āBiafra Barā, il principale punto di ritrovo dei motociclisti-indipendentisti di Maputo.
Un club speciale
Il gruppo di centauri sfreccia, facendo rombare i motori, fra le strade sterrate dei quartieri periferici di Maputo con occhiali da sole, catene al collo e caschi variopinti. La gente e soprattutto i giovani al bordo delle strade osservano stupefatti quei bolidi modificati con pezzi di ricambio di ogni genere. Non si tratta certo delle Harley-Davidson che si vedono correre sulla Route 66 degli Stati Uniti, ma di moto di seconda o terza mano elaborate a opera dāarte. Sui loro avambracci, poi, non ci sono veri tatuaggi, bensƬ maniche di tessuto sintetico colorate. Lāillusione ĆØ comunque perfetta e i loro modi di fare non li smentiscono.

Hanno sempre in mano una bottiglia di birra, non stanno mai a più di dieci metri di distanza dalle loro moto, hanno un loro codice dāonore e sono piuttosto irascibili. Al di lĆ della singolaritĆ di vedere i Madodas Riders nei sobborghi più poveri di una cittĆ dellāAfrica subsahariana, questi centauri rappresentano qualcosa di ancor più curioso: alcuni di loro indossano maglie con la bandiera della Repubblica del Biafra, lo Stato secessionista che si dichiarò indipendente dalla Nigeria tra il 1967 e il 1970, facendo scoppiare un conflitto che causò milioni di vittime. Gran parte dei componenti del gruppo sono infatti nigeriani di etnia igbo, esiliatisi a causa della repressione nigeriana ed emigrati in Mozambico, dove fanno parte di una comunitĆ di circa 3000 persone che vive a Maputo.
Bar Biafra
Ā«Quando sono arrivato qui dopo aver passato un periodo in Italia, a Torino, ho deciso di aprire questo posto, non solo per vendere le mie bevande artigianali ma anche con lāintento di farlo diventare un punto di ritrovo per la nostra comunitĆ Ā», conclude Samuel, mentre serve da dietro il bancone del suo locale tappezzato di bandiere rosse, nere e verdi con il sole nascente e di scritte āBiafra liberoā o āLunga vita al Biafraā.

Il Bar Biafra ĆØ al centro di un piccolo quartiere di attivitĆ e negozi gestiti quasi esclusivamente da Igbo. Sono per lo più meccanici, venditori di pezzi di ricambio per auto, attrezzi o elettronica di seconda mano, e poi piccole locande tappezzate di bandiere biafrane dove tutti parlano igbo, non il ronga o il portoghese. Ā«Nel nostro gruppo non ci sono problemi di razza, cultura o religione. Siamo tutti accomunati dallāamore per la moto e ci riuniamo qui almeno una volta ogni due settimaneĀ», dice, seduto sulla sua moto fuori dal locale, Kota Sebas, mozambicano, leader dei Madodas Riders. Ā«Siamo nati ufficialmente circa cinque anni fa per condividere la nostra passione e fare anche opere benefiche per la comunitĆ di cui anche i biafrani fanno parte. Noi appoggiamo la loro causa per unāAfrica in paceĀ».
Rombi di secessione
Il Bar Biafra non ĆØ solo il covo dei centauri di Maputo, ĆØ anche il principale centro di riunione della cellula mozambicana dellāIndigenous People of Biafra (Ipob), lāorganizzazione secessionista del Biafra sparsa per tutto il mondo e dichiarata terrorista da Abuja nel 2017. Il movimento ĆØ presente in Nigeria e allāestero fra i membri della diaspora che fanno manifestazioni e propaganda attraverso lāemittente web Radio Biafra, basata nel Regno Unito, e raccolgono fondi per la loro causa: lāindipendenza della Repubblica del Biafra da conseguire tramite referendum.
Il leader dellāIpob, Nnamdi Kanu, ĆØ stato arrestato più volte dal governo nigeriano, poi ĆØ scomparso e si ĆØ rifatto vivo lo scorso ottobre in Israele e ora si troverebbe a Londra, da dove mantiene viva la lotta. Ā«In tutto il mondo, se incontri un nigeriano, due su tre ĆØ un biafrano. Siamo tutti costretti a scappare dalla nostra terra perchĆ© il governo ci perseguita, ci reprime e ci emargina da sempre sottraendoci le nostre ricchezzeĀ», spiega Innocent Mmeka, coordinatore nazionale dellāIpob in Mozambico, riferendosi al petrolio del Delta del Niger.

Anche Amnesty International negli ultimi anni ha denunciato esecuzioni, torture e trattamenti degradanti ai danni dei biafrani. Edwin Chibuzo Ogu, coordinatore dellāIpob per Maputo, seduto al bar ci tiene a sottolineare: Ā«La nostra cellula ĆØ molto attiva in questa regione anche perchĆ© ci siamo integrati molto bene con i nostri fratelli mozambicani, che ci permettono di manifestare pacificamente durante le nostre commemorazioniĀ».
Lo testimonia ciò che avviene ogni anno il 30 maggio a Maputo. In occasione dellāanniversario della dichiarazione dāindipendenza del Biafra, il movimento organizza una serie di eventi nei sobborghi della cittĆ , e di fronte al Biafra Bar si riuniscono anche i Madodas Riders con indosso i colori del Biafra, mozambicani compresi, che poi si esibiscono in una parata cittadina a suon di clacson, sgasate e sgommate.
Origini oscure
Vien da chiedersi come mai una cosƬ numerosa comunitĆ di nigeriani, in larga parte igbo, si sia insediata proprio in Mozambico, Paese lusofono situato allāaltra capo del continente. I membri più anziani della comunitĆ sostengono che i primi biafrani giunsero a Maputo dopo la capitolazione della Repubblica del Biafra, 1970, perchĆ© qui avevano legami e amicizie.

In effetti, durante il conflitto il Portogallo di António Salazar era stato fra i più importanti alleati del Biafra, fornendo ai secessionisti supporto economico e militare. CāĆØ dunque un collegamento tra lāarrivo di Igbo in Mozambico, allora colonia portoghese, e il supporto di Lisbona al Biafra durante il conflitto? Yussuf Adam, professore di Storia contemporanea allāUniversitĆ Eduardo Mondlane di Maputo, non si sente di escludere a priori questa ricostruzione: «à una storia plausibile, ma non ci sono proveĀ». Il suo collega Luis Sarmento sostiene invece che la diaspora biafrana Ā«arrivò più tardi, dopo essersi dapprima stabilita nel vicino SudafricaĀ».
Anche se non fosse andata cosƬ, lāipotesi resta affascinante, come lo ĆØ vedere Samuel e i suoi centauri sfrecciare con le loro moto fra le baracche dei quartieri.
(questo articolo ĆØ stato pubblicato sul numero 4/2019 della Rivista Africa, disponibile in formato pdf e in vendita nell’eshop. Per abbonarsi alla rivista, clicca qui)