Guinea Equatoriale, Obiang Nguema al potere da 40 anni

di Enrico Casale
Teodoro Obiang Nguema

È forse, insieme a quella eritrea, la dittatura più feroce del continente africano. Ma anche una delle più durature.  Teodoro Obiang Nguema è al potere da 40 anni. Quattro decenni, un tempo record per qualsiasi politico, nel corso dei quali il presidente ha gestito la Guinea Equatoriale con pugno di ferro e tanti scandali. L’evento sarà celebrato sabato in tre città: Bata, la capitale economica; Mongomo, la città natale del presidente; e Djibloho, una nuova città costruita nel mezzo della giungla.

Il suo potere potrebbe però non essere finito qui. Il leader ha 77 anni. Quindi è anziano, ma non anzianissimo (come poteva essere Robert Mugabe), e sta preparando il figlio Teodorín, 51 anni e suo attuale vicepresidente, a prendere il suo posto quando lui sarà costretto a lasciare.

Teodoro Obiang è arrivato al potere il 3 agosto 1979. Un’altra era. Nel pieno della Guerra fredda, l’Africa era terreno di scontro tra i due blocchi. Lui e i suoi ufficiali rovesciano suo zio, Francisco Macías Nguema, che viene fucilato due mesi dopo. La sua presidenza non è delle più tranquille. Negli anni riesce a sfuggire a una decina di tentativi di golpe. Per far fronte alle minacce crea servizi di sicurezza fortissimi e onnipresenti. Ad ogni tentativo, Malabo accusa alternativamente l’esercito, l’opposizione o le potenze straniere. L’ultimo episodio nel dicembre 2017. I presunti responsabili, oltre 130 persone, tra cui molti stranieri, sono stati condannati a giugno a pene detentive che vanno dai 3 ai 96 anni.

Quando conquistò il potere, Obiang Nguema governava su un Paese poverissimo. Negli anni Novanta avviene la svolta. Nelle acque territoriali viene scoperto il petrolio. Proprio il petrolio sarà uno dei pilastri sui quali fonderà il suo potere. La Guinea Equatoriale diventa sempre più ricca. Il Pil continua ad aumentare e raggiunge i 19.513 dollari pro capite nel 2017. Una ricchezza che viene utilizzata per finanziare progetti faraonici, come quello di Djibloho, che da solo ha consumato quasi la metà del budget del 2016, a scapito dell’istruzione o della salute.

La gran parte della popolazione è poverissima e vive in condizioni difficili. L’aspettativa di vita è sotto i 60 anni. Le ong denunciano la presenza di condizioni estreme di vita.

Il figlio del presidente, Teodorín Obiang, nominato vicepresidente nel 2012, è stato condannato nel 2017 a Parigi a tre anni di carcere e a una multa di 30 milioni di euro. Accuse: riciclaggio, abuso di beni sociali, appropriazione indebita, abuso di fiducia, corruzione, per somme pari ad almeno 100 milioni di euro. Ma Teodorín presenterà ricorso. Ciò non ostacola la pianificazione della successione. Alla fine di novembre, Teodorín ha guidato il suo primo Consiglio dei ministri. Mentre il ritratto di suo padre è onnipresente sulle pareti di Malabo e del resto del Paese, lui preferisce apparire sui social network, tra vertici politici, carnevale di Rio e sessioni di immersioni tra gli squali.

Teodoro Obiang, da parte sua, mostra il suo disprezzo per tutti i critici «occidentali» della sua gestione e delle violazioni dei diritti umani. Uno dei principali partiti dell’opposizione, Ciudadanos por la Innovación, è stato sciolto nel febbraio 2018 a seguito delle elezioni legislative di novembre. Gli oppositori vengono spesso arrestati e molti di loro hanno trovato rifugio all’estero, in particolare in Spagna, ex potenza coloniale.

Da parte sua, Obiang Nguema continua ad accogliere molti suoi ex colleghi. Come Yahya Jammeh, ex dittatore del Gambia, che ha trovato rifugio a Malabo all’inizio del 2017.

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