Final Cut in Venice, una grande opportunità per l’Africa

di claudia

di Annamaria Gallone

Come ogni anno vi parlo di un’importante iniziativa che si tiene nell’ambito della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: il FINAL CUT IN VENICE, un settore del Venice Production Bridge, che nel 2013 la ha deciso di dedicare, per la prima volta nella storia del festival, esclusivamente a film provenienti dall’Africa e dal mondo arabo.

La selezione si basa sui criteri imprescindibili della qualità artistica; un buon equilibrio tra film di finzione e documentari, tra opere dell’Africa subsahariana e film arabi e un’attenzione particolare alle donne e ai registi emergenti.

Per questo decima edizione (3/5 settembre 2022) si sono candidati 58 film, un numero superiore a quello dell’anno scorso (48), che segna una positiva ripresa della produzione e delle riprese, e ne sono stati selezionati otto.

In questi dieci anni di vita, la FCV ha portato alla luce registi che hanno poi intrapreso una carriera importante e ha anche sostenuto registi più affermati i cui film di qualità devono ancora affrontare molte difficoltà economiche prima di arrivare alla fine della produzione. I sostenitori, che con il loro contributo in denaro o in materiale permettono di finalizzare i progetti, quest’anno, sono: Laser Film, Mactari Mixing Auditorium, Oticons, MAD Solutions, TitraFilm, Sub-Ti Ltd, Sub-Ti Access Srl, Rai Cinema, El Gouna Film Festival, Organisation Internationale de la Francophonie, Cinémathèque Afrique/Institut Français, Festival International du Film d’Amiens, Festival International de Films de Fribourg e Eye on Films, Red Sea internetional Film Festival.

FINAL CUT IN VENICE AWARDS CEREMONY – Foto ASAC – Andrea Pattaro

E diamo allora un rapido sguardo ai premiati e ai loro progetti:

Afef Ben Mahmoud and Khalil Benkirane sono gli autori di BACKSTAGE (coproduzione Marocco, Tunisia, Belgio, Qatar, Francia, Norvegia). Durante una rappresentazione di danza contemporanea, Aida provoca il suo compagno di vita e di scena Hedi, che la ferisce sul palco innescando una serie di eventi che si susseguono in una lunga notte attraverso una foresta, sulla strada per raggiungere il medico del villaggio successivo. Gli eventi rivelano gli animi e cambiano i rapporti della compagnia.

INSHALLAH A BOY di Amjad Al Rasheed (coproduzione Jordania, Egitto, Arabia saudita, Qatar) Una fiction che ci racconta come, in una tradizione oppressiva nei confronti dell’eredità delle donne, Nawal, vedova, rischia di perdere la casa perché non ha un figlio. Si ritrova a combattere per ciò che le spetta di diritto, anche a costo di infrangere la sua morale e le sue tradizioni.

Kamal Aljafari, regista palestinese noto per il suo cinema sperimentaleè l’autore del documentario A FIDAI FILM (coproduzione Germania, Palestina, Qatar), che mira a liberare le immagini dai loro occupanti. Un film poetico antologico in cui la Palestina diventa una metafora dello stato del mondo.

Per la prima voltala Francia presenta 2 progetti africani: il primo è AU CIMETIÈRE DE LA PELLICULE (coproduzione Francia, Senegal, Guinea) di Thierno Souleymane Diallo che viaggia attraverso la Guinea alla ricerca di Mouramani di Mamadou Touré, il primo film realizzato da un nero africano francofono nel 1953, utilizzando la sua macchina da presa per confrontarsi con la Storia. Questo è un film sul cinema, sia quello che guardiamo che quello che facciamo.

THE BURDEN (coproduzione Repubblica Centro Africana, Francia, Repubblica democratica del Congo) è un documentario di Elvis Sabin Ngaïbino che parla di Rodrigue e Reine, una coppia affiatata e molto coinvolta nelle attività della loro chiesa. Ma i due vivono con un terribile segreto: sono entrambi malati di AIDS, una malattia che portano segretamente come punizione divina.

SUSPENDED, un documentario di Myriam El Hajj, (coproduzione Libano, Francia, Qatar) Usare le armi, le cabine elettorali o le strade di Beirut. Queste sono le scelte di Georges, Joumana e Perla Joe. Tre generazioni con lo stesso desiderio di cambiare un Paese malato: Il Libano. Mentre varie crisi si susseguono inesorabilmente, si trovano di fronte a un dilemma: salvare il mondo o salvarsi la pelle? coproduzione

LAND OF WOMEN (ARD EL BANAT) (coproduzione Egitto, Francia, Danimarca)I due registi Nada Riyadh Ayman El Amir vogliono documentare come in un villaggio conservatore del sud dell’Egitto, dominato dal patriarcato e pieno di disperazione, un vivace gruppo di ragazze copte rifiuta i ruoli tradizionali imposti loro formando una compagnia di teatro di strada tutta al femminile. Un ritratto di ragazze al bivio della loro vita.

FINAL CUT IN VENICE AWARDS CEREMONY – Foto ASAC – Andrea Pattaro

BLACK LIGHT, il secondo documentario candidato dalla Francia, (coproduzione Francia, Algeria, Qatar) di Karim Bensalah (foto di apertura), è una fiction: Dopo aver fallito gli esami, Sofiane, uno studente algerino che vive in Francia, rischia di essere espulso. Per evitare questo destino, trova lavoro in un’impresa funebre musulmana e la sua vita cambia. Lottando con la sua identità, passare del tempo con i morti lo aiuta a ritrovare la strada verso la luce.

Ribadisce Alessandra Speciale, curatrice di Final Cut in Venice: “La nostra ambizione rimane quella di promuovere il meglio della produzione africana e araba nella prestigiosa cornice della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, grazie a una costante attività di scouting e selezione: è un primo importante passo verso il lancio dei film nel mondo dei festival e dei mercati cinematografici.”

Condividi

Altre letture correlate: