Diritti LGBT in Africa, dal caso Nigeria a una panoramica generale

di Valentina Milani
gay

La produttrice Pamela Adie e il regista Uyaiedu Ikpe-Etim, autori del film di produzione nigeriana Ifè, rischiano la reclusione se procedono con l’uscita della pellicola, che racconta una relazione lesbica. Questo il severo avvertimento delle autorità di regolamentazione riunite sotto il Nigerian Film and Video Censors Board (NFVCB).

Ifé, che in lingua locale Yoruba significa “amore”, sarebbe in grado di raggiungere un vasto pubblico senza raccontare nulla di male secondo i registi ma l’NFVCB dice che non sarà approvato in quanto viola le severe leggi del Paese sull’omosessualità.

Il drammatico faccia a faccia con le forme di censura nigeriane mette in luce la tematica dei diritti delle comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) ancora ampiamente violati in Nigeria e in tanti altri Paesi del continente africano.

In Nigeria per i “colpevoli” di omosessualità il massimo della pena è 14 anni di carcere ma nella parte settentrionale del Paese è prevista la pena di morte. Ogni gruppo o associazione di supporto, dialogo, pro-matrimonio, riguardanti la società LGBT possono infatti andare incontro all’imprigionamento per almeno 4 anni fino a un massimo di 14. La condanna a morte avviene per lapidazione.

Anche in Somalia meridionale e Mauritania chi appartiene alla comunità LGBT rischia l’uccisione. In Sudan, invece, la pena di morte è stata abolita solo nel 2020. Nel Paese non esistono oggi leggi specifiche contro l’omosessualità, cui però viene applicata la legge della Sharia.

In una triste classifica che va dalla pena più grave alla meno grave ecco che si approda in Uganda dove per il “reato” di omosessualità è previsto l’ergastolo. La sezione 140 del Codice Penale criminalizza «il congiungimento carnale contro l’ordine naturale e impone la reclusione a vita».

L’Uganda detiene, però, un triste primato: è la prima nazione al mondo ad aver proibito costituzionalmente il matrimonio omosessuale nel 2004 e nel dicembre 2013 il parlamento ha approvato il famoso disegno di legge anti-omosessualità che ha esteso le pene a coloro che “promuovono” l’omosessualità. Così anche la libertà di espressione è ristretta e sanzionata: film, spettacoli e contenuti pensati per il largo consumo possono essere soggetti a censura in quanto «contrari alla morale pubblica».

L’ergastolo è previsto anche in Sierra Leone dove gli articoli 61 e 62 del Codice Penale (1861) criminalizzano la “sodomia” e la “bestialità” con l’imprigionamento a vita: «Chiunque sia colpevole dell’abominevole crimine di sodomia, commesso sia con esseri umani che animali, dovrà essere condannato al servizio penale a vita», dice l’articolo 61.

In altri Paesi l’omosessualità è considerata un reato ed è punita con il carcere con pene che variano dai due o tre anni di detenzione. In molte nazioni è prevista anche l’ammenda.

“Curioso” il caso delle Mauritius dove è prevista una punizione, che consiste in lavori forzati, solo per l’omosessualità maschile. De facto la legge non è mai applicata e, anzi, da alcuni anni si svolge liberamente e con cadenza annuale il gay pride nazionale. Mentre in Malawi si prevedono punizioni corporali e fino a 14 anni di prigione.

Il Mozambico ha recentemente rimosso le leggi portoghesi dell’era coloniale che criminalizzavano il comportamento omosessuale, eliminando nel 2015 una clausola che vietava i “vizi contro la natura“. In Angola e Botswana la depenalizzazione è avvenuta invece nel 2019.

Viene quindi quasi spontaneo chiedersi in quali Paesi sia legale l’omosessualità. Facendo un mero elenco, gli appartenenti alla comunità LGBT dovrebbero essere liberi in: Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Capo Verde, Repubblica Centrafricana, Congo-Brazzaville, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gibuti, Guinea Equatoriale, Gabon, Guinea-Bissau, Lesotho, Madagascar, Mali, Mozambico, Niger, Ruanda, Sao Tome and Principe, Seychelles, Sudafrica.

Ma in alcune nazioni, anche se i rapporti tra persone dello stesso sesso sono legali, vengono comunque perseguiti più o meno velatamente. In Madagascar, per esempio, vige l’articolo 179 del Codice Penale del 1981 che colpisce genericamente i reati sessuali ed è spesso utilizzato contro gli atti omosessuali.

In Mali il rapporto omosessuale non è menzionato come un crimine nel codice penale quindi, teoricamente, l’attività omosessuale è legale. Comunque, in un caso del 1999, due lesbiche furono punite per «aver violato la pubblica morale». Nel Paese esiste solo il crimine di “pubblica indecenza” regolamentato dall’articolo riguardante il “delitto a sfondo sessuale”.

Un caso particolare è anche l’Egitto dove l’omosessualità non è criminalizzata per legge ma di fatto: come dimostrano diversi report, infatti, i diritti di gay e lesbiche vengono ampiamente calpestati. La legge 10 del 1961 sulla lotta alla prostituzione parla di “depravazione”, non definendola ulteriormente, così questa legge può essere usata contro gli omosessuali.

In 22 stati su 54, tra cui Niger, Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Congo, Gabon, Madagascar, per gli appartenenti alla comunità LGBT non è prevista alcuna protezione, ma nemmeno una criminalizzazione specifica. Il fatto che rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso siano definiti legali, non impedisce comunque episodi, anche gravi, di discriminazione e stigma sociale.

(Valentina Giulia Milani)

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