Compleanno amaro per l’Eritrea

di Marco Trovato

Esattamente trent’anni di anni fa l’Eritrea diventava una nazione indipendente, al termine di una lunga e sanguinosa guerra di liberazione contro l’Etiopia, vinta contro ogni previsione e suggellata da un referendum che fece esplodere di gioia la capitale Asmara. Oggi in quella stessa città vanno in scena le cerimonie ufficiali che celebrano l’importante ricorrenza. Ma c’è poco da festeggiare. Il clima nel Paese è avvelenato da un regime autoritario che ha tradito i sogni di chi combatteva per la libertà.

La lunga battaglia per la libertà, culminata con la proclamazione dell’indipendenza, ha lasciato spazio a un regime autoritario

Ricorre oggi il trentennale anniversario dell’indipendenza dell’Eritrea, conquistata dall’Etiopia, il 24 maggio del 1993, dopo trent’anni di sanguinosa guerra. 

Sempre il 24 maggio, ma del 1991, il Fronte Popolare di Liberazione Eritreo (FPLE), fondato nel 1973, entrò vittorioso ad Asmara, sconfiggendo l’esercito etiope (massicciamente sostenuto dall’Unione Sovietica), supportando poi il TPLF (Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè), movimento etiope di resistenza, per rovesciare la dittatura di Menghistu Hailé Mariam (l’uomo forte di Addis Abeba che fu poi ricordato per aver istituito il “terrore rosso”), che cadde nello stesso anno e fuggì in Zimbabwe.

Una vittoria, quella dei combattenti eritrei, conquistata contro ogni previsione, ottenuta con il sacrificio di migliaia di donne (foto sotto) e di uomini, spesso giovanissimi, che si asserragliarono in trincee e grotte, armati di fucili, indossando sandali tenuti assieme con lo spago, resistendo a massicci bombardamenti, e lanciando una eroica controffensiva per la liberazione del territorio.

L’ingresso dei partigiani nella capitale Asmara fu salutato dalla popolazione in festa e dalla numerosa diaspora eritrea che da ogni parte del mondo aveva contribuito a sostenere la resistenza.

Nell’aprile 1993 si tenne un referendum sotto vigilanza delle Nazioni Unite che fu vinto dai fautori dell’indipendenza con il 99,78%. Il 24 maggio del 1993 vennero proclamati i risultati: l’Eritrea divenne ufficialmente il 53° paese indipendente dell’Africa. 

La presidenza del Paese fu accordata al leader del FPLE, Isaias Afewerki, che ancor oggi, senza aver più svolto le elezioni promesse, guida la nazione, sprovvista di una Costituzione democratica, senza potere giudiziario e fonti d’informazione indipendenti. Una nazione che staziona stabilmente agli ultimi posti nelle classifiche mondiali per i diritti umani e civili.

Oggi il presidente Afewerki, 77 anni, nella foto sotto, presiederà nella capitale Asmara alle cerimonie ufficiali che celebrano l’importante ricorrenza. Ma c’è poco da festeggiare. Per l’Eritrea si tratta di un compleanno amaro. L’ennesimo.

L’indipendenza non ha portato la pace. Il confine con l’Etiopia è tornato più volte a essere teatro di feroci battaglie: una guerra su grande scala esplose nel 1998 per una disputa territoriale (l’arbitrato internazionale diede ragione ad Asmara), mentre la più recente crisi del Tigrai ha visto schierare le truppe eritree a sostegno dell’esercito regolare di Addis Abeba contro i tigrini (gli ex alleati ai tempi dell’indipendenza).

La lunga battaglia per la libertà, culminata con la proclamazione dell’indipendenza, ha lasciato spazio a un regime autoritario che soffoca il dissenso, vieta le libertà politiche e di associazione. Amnesty International denuncia torture, detenzioni arbitrarie, completa mancanza di libertà di espressione. 

Afewerki governa con il terrore. Ha fatto silenziare – con le minacce o il carcere – le voci scomode. Ha chiuso le porte alle organizzazioni non governative e ai missionari a cui non è riuscito a imporre il silenzio. Ha stretto e rafforzato alleanze con Paesi del Golfo, Russia, Cina. L’Occidente ha cercato di indebolirlo ma non è riuscito a isolarlo, o meglio non ha voluto (troppo influente la sua posizione in una regione strategica e delicata).

Un regime, quello di Afewerki, che ha tradito gli ideali della Guerra di Liberazione, trasformando in trent’anni il sogno eritreo nell’incubo di un’immensa prigione da cui scappano ogni anno migliaia di giovani.

La foto di apertura di questo articolo immortala la Festa per l’Indipendenza del 24 maggio 1993. Fu scattata dal fotografo e giornalista, Andrea Semplici, che ha annotato ricordi e riflessioni accanto a quell’immagine storica: “Le donne di Asmara alzarono il loro pane al cielo e ramoscelli di ulivo, emblemi di pace e di prosperità (gli stessi che si trovano nella bandiera eritrea, NDR). Danzarono e lanciarono trilli di giubilo. Era la libertà, l’indipendenza, la fine di ogni sofferenza… Quanti anni sono passati! E come appare lontano quel giorno felice. Questa dell’Eritrea non è una storia a lieto fine. Ma quella foto non sbiadirà. Nell’attesa di un nuovo futuro per questa terra senza fortuna”.

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