Città al femminile

di claudia
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di Federico Monica

L’insicurezza, la ghettizzazione e le ingiustizie sociali rendono difficile la vita delle donne nelle metropoli africane, fra le meno inclusive del pianeta. Migliaia di cittadine di varie capitali hanno organizzato proteste, scioperi e manifestazioni per chiedere diritti e spronare la politica ad affrontare temi concreti e urgenti. Ma come sarebbero le città se fossero pensate dalle donne?

“Questo non è un posto per donne”. Non si tratta di misoginia o discriminazione: un avviso di questo genere potrebbe tranquillamente essere installato all’ingresso di molte città, in Africa come nel resto del mondo, compresa la nostra Europa.

Se le diseguaglianze di opportunità nell’accesso femminile all’istruzione o al mondo del lavoro sono abbastanza note, molto meno visibili sono le difficoltà quotidiane e le situazioni di esclusione che affliggono le donne residenti nelle aree urbane del continente e in particolare nei contesti più fragili in cui la povertà generalizzata, l’assenza di servizi essenziali e la criminalità diffusa si sovrappongono.

La maggioranza dei residenti adulti negli slum, infatti, con percentuali che oscillano fra il 52 e il 60%, sono proprio donne, molto spesso con diversi figli a carico, mentre sfiora il 65% la proporzione femminile degli impiegati nei settori informali dell’economia.

Ampliando lo sguardo su altri aspetti della vita quotidiana le diseguaglianze si fanno via via più evidenti. In Africa subsahariana meno del 5% delle donne possiede o guida un’automobile, mentre solo il 25% di loro può permettersi un telefono con connessione dati.

Anche quello della sicurezza è un dato allarmante: oltre il 90% delle donne dichiara di non sentirsi sicura negli spazi pubblici, un numero impressionante che non riguarda solo le città africane ma che purtroppo accomuna tutto il pianeta. Una percezione di insicurezza che si tramuta, specialmente nei quartieri più difficili, nella privazione di un diritto fondamentale come quello di muoversi liberamente e in maniera autonoma.

Problemi e difficoltà non scalfiscono resilienza e voglia di lottare. Solo quest’anno 2023? o 2022?, da Nairobi a Freetown passando per Pretoria e Abidjan, gruppi e movimenti di donne hanno organizzato proteste, scioperi e manifestazioni per chiedere diritti e spronare la politica ad affrontare temi concreti e urgenti. Segnali importanti di emancipazione e coscienza politica che purtroppo non bastano ancora a trasformare radicalmente la realtà: le metropoli africane restano fra le meno inclusive del pianeta.

Ma come sarebbero le città se fossero pensate dalle donne? Ha provato a chiederselo Un-Habitat, l’agenzia Onu dedicata allo sviluppo urbano, nel documento Her City in cui racconta l’esito di iniziative di pianificazione partecipata al femminile in dodici città pilota del mondo, tra cui le africane Johannesburg e Nairobi oltre che il campo profughi di Dadaab.

I risultati sono estremamente interessanti e mettono in luce un’idea di sviluppo urbano spesso opposta a quella che siamo abituati a considerare normale o inevitabile. Un’idea di città in cui le auto private e la viabilità non sono più al centro delle scelte, in modo da favorire i mezzi pubblici e al contempo creare luoghi più sicuri per i pedoni e il gioco dei bambini all’aperto; un’idea di città in cui la sicurezza non è perseguita con l’aumento di forze dell’ordine o della repressione ma attraverso illuminazione pubblica, visibilità, e soprattutto incentivando la fruizione degli spazi urbani a tutte le ore, perché un luogo frequentato e “vivo” è per sua natura più sicuro e attrattivo.

L’offerta di servizi di base, poi, sarebbe una delle priorità assolute: fontane e bagni pubblici divisi per genere e ben puliti ma anche chioschi per la ricarica delle batterie dei telefoni e aree “free wi-fi”.

Infine il verde, che nell’idea di città al femminile dovrebbe avere un ruolo tutt’altro che marginale o decorativo, con la diffusione di orti urbani privati o collettivi e la creazione di molti spazi verdi fruibili per favorire il gioco dei bambini ma soprattutto lo svago e l’incontro in un ambiente sano e tranquillo.

Un’idea di città quasi rivoluzionaria, in Africa come in tutto il pianeta, che porterebbe a realizzare ambienti urbani più belli, più sostenibili e molto più vivibili.

Peccato che nel mondo le donne rappresentino meno di un quarto dei politici e decisori locali, addirittura soltanto il 10% degli urbanisti e pianificatori territoriali. Forse anche da questo dato derivano molti dei problemi che affliggono le nostre città.

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