Condanne e pressioni sui cabili in Algeria, si mobilitano le organizzazioni a Parigi

di claudia

di Céline Camoin

Una manifestazione di protesta contro “le ingiustizie” a cui sono sottoposti gli attivisti della Cabilia, “l’arbitrarietà” e l’accanimento dello Stato nei confronti degli abitanti della regione, si terrà il 12 marzo a Parigi su iniziativa di un collettivo di organizzazioni e di persone cabili della regione parigina. I rapporti tra la Cabilia e l’autorità centrale di Algeri sono col tempo diventate burrascosi. Minoranza forte con otto milioni di persone, gli amazigh cabili sono concentrati in una regione ben specifica che inizia a 50 km a est d’Algeri, e sono particolarmente legati alla propria identità.

A sostenere l’iniziativa, sebbene non faccia parte degli organizzatori, è il Consiglio mondiale amazigh (Cma), il cui segretario generale Belcacem Lounes, sentito telefonicamente da Africa rivista, ricorda la prigionia di di Kamira Nait Sid, copresidente del Consiglio mondiale amazigh, arrestata il 24 agosto 2021 a casa sua Draa-Ben-Khedda, nei pressi di Tizi Ouzou, e da allora imprigionata nel penitenziario di Kolea.

Processata lo scorso 15 dicembre per 8 capi d’accusa (4 reati e 4 delitti), Kamira Nait Sid è stata assolta per 5 reati e ha fatto appello della condanna a cinque anni di carcere per tre delitti.  l’attivista si è vista recapitare una convocazione per un altro fascicolo giudiziale, legato agli stessi capi d’accusa per il primo marzo. Rinviato al 7 marzo, il giudice ha condannato la portavoce dei diritti amazigh  ad altri due anni di carcere per adunanza, manifestazione, attentato alla sicurezza e all’integrità dello Stato.

In questo secondo caso, Kamira Nait Sid è stata criticata per la presenza di Ferhat Mehenni, presidente del Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (Mak), all’assemblea del Congresso mondiale amazigh nel 2015 ad Agadir, in Marocco, mentre in quel tempo non era presidente del Cma. Il giudice l’ha anche interrogata sulla sua presenza nel 2019, in una videoconferenza di Ferhat Mehenni, all’Università di Tizi Ouzou, alla quale hanno partecipato 800 persone.

Proprio Fehenni, che vive in esilio, è stato ancora una volta condannato, nei giorni scorsi, in contumacia, all’ergastolo dal tribunale penale di primo grado di Dar El Beida (Algeri). Il medesimo tribunale aveva già condannato Mehenni alla stessa sentenza a novembre scorso. Il tribunale ha anche confermato il mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti, per attentato all’integrità territoriale, alla sicurezza dello Stato, per aver minato l’unità nazionale e la stabilità delle istituzioni statali, per creazione e appartenenza a un’organizzazione terroristica. Altri esponenti della militanza cabila sono stati condannati.

In diversi casi, osservatori fanno notare che le condanne per reati di terrorismo riguardano accuse precedenti alla classifica, da parte di Algeri del Mak come organizzazione terroristica, e sarebbero pertanto contestabili. Si deplora inoltre una forte pressione sulla giustizia, gli avvocati e i militanti della causa cabila in Algeria.

Il Mak (Mouvement pour l’autodétermination de la Kabilye, movimento per l’autodeterminazione della Cabilia) e il Cma sono organizzazioni indipendenti, con scopi diversi, che viaggiano su binari diversi. Il primo è un movimento politico, l’altro è una Ong che lavora per la promozione delle libertà e dei diritti degli amazigh, basandosi principalmente su strumenti internazionali relativi ai diritti umani e dei popoli.

I rapporti tra la Cabilia e l’autorità centrale di Algeri sono col tempo diventate burrascosi. Minoranza forte con otto milioni di persone, gli amazigh cabili sono concentrati in una regione ben specifica che inizia a 50 km a est d’Algeri, e sono particolarmente legati alla propria identità. Se in passato le rivendicazioni per il rispetto della propria identità e delle differenze erano solo semplici richieste, “il sistematico rifiuto da parte di Algeri, anche attraverso la repressione e ostacoli all’espressione di tale cultura – all’espressione musicale, divieto di insegnare la lingua, di indossare l’abito tradizionale cabilo, difficoltà con il fisco, pressione su militanti per l’autodeterminazione, ostacoli a investimenti stranieri nella regione – ha esacerbato il movimento”, spiega il segretario generale del Cma, docente di economia. 

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