Cécile Kyenge ▸ Migranti: un governo tra cattiveria e incompetenza

di Pier Maria Mazzola

Il “governo del cambiamento”? Nient’altro che uno slogan. Tutte le promesse della campagna elettorale rimaste ancora irrealizzate. Il governo italiano cominci ad occuparsi dei veri problemi dell’Italia, senza usare i migranti come merce propagandistica.

Chi segue l’attualità politica in Italia è rimasto colpito dell’accesa controversia che oppone il nuovo governo e molte organizzazioni della società civile, a proposito dell’immigrazione in generale, e del salvataggio delle persone che rischiano di annegare nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste italiane, europee. L’argomento delle migrazioni ha tenuto banco durante la campagna elettorale e continua a far discutere anche in questo periodo di avvio dell’attività del nuovo governo.

Il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è senza dubbio il maggiore animatore del fronte xenofobo di questo dibattito, fronte che vede nell’immigrato l’agnello sacrificale delle diverse crisi che attraversano il nostro Paese e che creano lacerazioni sociali senza precedenti. In un clima di profonde preoccupazioni relative allo sfilacciamento del tessuto sociale, l’esponente della Lega ha saputo soffiare sul fuoco della paura identificando, nelle persone che chiedono protezione all’Italia, il sommo dei mali.

Il suo slancio xenofobo ha avuto il merito di partire da una lunga rincorsa, approfittando dell’indebolimento ormai indiscutibile della destra berlusconiana. La posizione ambigua del M5S in tema migrazione e la decomposizione progressiva dei partiti di Sinistra rispetto al PD hanno cosi aperto la strada a Salvini. Quest’ultimo ha dato libero corso alla sua narrazione di esclusione, mostrandosi degno successore di Umberto Bossi.

Dalla campagna elettorale dello scorso febbraio erano emerse quattro promesse elettorali premiate dagli elettorali. Se la flat-tax e il contrasto alla migrazione sono state le maggiori proposte della Lega salviniana, il reddito di cittadinanza e il taglio degli stipendi dei parlamentari hanno dominato le proposte dei 5Stelle, tanto da far credere a molti cittadini che sarebbe stato immediato accedere al reddito di cittadinanza.

A distanza di qualche settimana dall’avvio dell’azione del governo, è sempre più chiaro come sulle 4 principali promesse il governo abbia lasciato prosperare la demagogia sulla sola migrazione, utilizzata a questo punto come schermo per coprire le difficoltà a cominciare la messa in opera delle altre promesse elettorali.

Attraverso azioni clamorose di chiusura dei porti, accompagnate da dichiarazioni con toni minacciosi, l’impostazione salviniana ha preso il sopravvento sull’orientamento del governo, procurando un certo senso di smarrimento ai numerosi elettori del Centro-sinistra che avevano deposto le proprie speranze nel suo alleato a 5stelle.

Le attese suscitate dalla prospettiva del reddito di cittadinanza sono ancora tutte sospese, mentre i primi provvedimenti a trazione 5stelle, quali la riforma dei vitalizi e il cosiddetto decreto dignità, sembrano sempre più illusorie.

Incastrato fra Salvini e Di Maio, il Premier Conte ha intanto sperimentato le vere difficoltà legate al proprio ruolo, quando ha dovuto proiettarsi in ambiti europei ed internazionali. Durante il vertice del G7 dell’inizio giugno in Canada, Conte ha fatto fatica a emergere e a tenere una posizione che facesse onore all’Italia. Appariva più come un sostanziale oggetto di curiosità, piuttosto che come il leader di un Paese quale il nostro.

Poi è giunta la volta del vertice del Consiglio europeo, particolarmente dominato del tema migrazione, anche in reazione agli attacchi salviniani verso l’Europa.

È proprio su questo rapporto tra l’Italia e l’Europa che si è materializzata la più grande difficoltà del governo verdegiallo. Era chiaro fin dal primo momento come la chiusura dei porti italiani alle navi umanitarie fosse l’espressone non tanto di un dispetto nei confronti delle persone recuperate in mare dalle stesse navi, ma di un ricatto nei confronti dell’Europa, oggetto di attacchi costanti da parte degli alleati di governo.

Al centro della contesa, il regolamento di Dublino, che l’Italia vorrebbe riformare, per non dover più occuparsi da sola dei migranti che giungono sul proprio territorio. Se i precedenti governi italiani avevano assunto un atteggiamento più collaborativo nella ricerca del consenso per la modifica di tale regolamento, il nuovo governo italiano è pervenuto a travolgere gli equilibri negoziali, ottenendo paradossalmente la propensione degli altri Paesi europei a chiudere ancora di più le loro frontiere. Il risultato è che l’Italia deve continuare ad occuparsi dei propri migranti, richiedenti asilo o migranti economici che siano.

Eppure, dal Parlamento europeo avevamo già indirizzato l’insieme dei protagonisti europei verso la riforma del regolamento di Dublino, con l’adozione del mandato negoziale che puntava, fra le altre cose, proprio all’eliminazione del concetto di Paese di approdo, e al rafforzamento della solidarietà fra gli Stati membri dell’Unione europea sulla questione dell’asilo.

Il Premier Conte si è reso conto dell’insostenibilità della posizione di Salvini all’interno del Consiglio europeo, là dove qualunque sovranismo sulla questione dell’immigrazione va a discapito dell’Italia e a favore dei Paesi del Visegrad. Volendo fare la faccia cattiva contro i migranti per ricattare l’Europa, l’Italia ha finito per spalleggiare i leader xenofobi degli altri Paesi che agiscono proprio contro l’interesse dell’Italia. È stato dunque con una certa sorpresa che abbiamo sentito il Premier Conte ripetere, durante il Consiglio europeo di fine giugno, gran parte delle ricette che il Centro-sinistra ha elaborato in Europa; ricette su cui abbiamo registrato il voto contrario del M5S e l’astensione ostruzionista della Lega de Salvini.

Il Premier Conte ha tuttavia enumerato gli ingredienti della nostra ricetta solo in parte, in modo disordinato, quasi a dimostrare che la politica aggressiva del governo sull’immigrazione non fa parte di nessuna strategia che gli possa consentire di affrontare il tema con una visione olistica.

Questo è per il momento il quadro deludente delle attività del governo, incentrate sull’immigrazione vista in negativo. Una visione, questa, che sta dando luogo a una narrazione apocalittica, offrendo un terreno fertile su cui prosperano le dormienti cellule fasciste e xenofobe disseminate per il Paese. Di sicuro, non sarà la cattiveria gratuita e menzognera verso gli sbarchi a trovare le soluzioni ai problemi occupazionali e sociali dell’Italia. Il governo torni a occuparsi delle vere sfide del Paese, consentendo nel contempo le operazioni di salvataggio delle vite umane compiute nel Mediterraneo dalle navi umanitarie.


Cécile Kashetu Kyenge è stata deputata della XVII legislatura, e Ministra per l’Integrazione.
Dal 2014 è eurodeputata del gruppo S&D. All’interno del Parlamento Europeo è membro della Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni (LIBE) e della Commissione per lo Sviluppo (DEVE), co-presidente dell’Intergruppo del Parlamento Europeo Anti-Racism and Diversity Intergroup (ARDI), Vicepresidente dell’Assemblea parlamentare paritetica Acp-Ue e componente della Delegazione per le relazioni con il Parlamento PanAfricano.

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