Algeria, il presidente si recherà in Francia dopo le tensioni con il Paese

di claudia
Abdelmadjid Tebboune

di Simona Salvi

Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune non ha voluto anticipare le proprie intenzioni in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 7 settembre. In un’intervista diffusa dalla televisione algerina, Tebboune ha dichiarato: “Volete sapere se mi presenterò? Non risponderò. Prima del tempo, non è il momento”.

Tebboune è in carica dal 2019, quando venne eletto con il 58% dei voti, succedendo ad Abdelaziz Bouteflika, costretto alle dimissioni nell’aprile dello stesso anno a fronte delle pressioni dell’esercito e del movimento di contestazione popolare Hirak. Interpellato sulla decisione di anticipare a settembre le elezioni che avrebbero dovuto tenersi a dicembre, il presidente ha riferito di “ragioni puramente tecniche”, che non hanno alcun “impatto” sulla “necessità” e sullo “svolgimento” delle consultazioni. Quindi ha rimarcato che “dicembre non è la vera data delle elezioni”, perché nel 2019 le presidenziali avrebbero dovuto svolgersi molto prima, ma che “la fase di transizione venne prolungata”. “A settembre i cittadini saranno più preparati a votare dopo le vacanze estive e tutti saranno tornati a casa”, ha aggiunto.

Nel corso dell’intervista, Tebboune ha quindi annunciato nuovi aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici: “Cercheremo di raddoppiare gli stipendi nel 2026-2027. Siamo al 47%, porteremo l’aumento al 53%”. E si è detto ottimista sulla crescita economica del Paese, affermando che il Pil dovrebbe superare i 400 miliardi di dollari nella prima metà del 2026, rispetto ai 247 miliardi stimati dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per il 2023.

Il presidente algerino ha parlato per la prima volta pubblicamente delle tensioni tra Algeria ed Emirati Arabi Uniti, senza però mai menzionare il Paese del Golfo.

Come ricordato dai media locali, il 10 gennaio scorso, l’Alto Consiglio di Sicurezza algerino ha denunciato le azioni “ostili” di un Paese arabo, senza nominarlo, ma identificato dalla stampa negli Emirati. Nel corso dell’intervista trasmessa in tv, Tebboune ha dichiarato: “Tutti possono testimoniare che noi non abbiamo mai commesso atti di violenza verbale nei loro confronti. Noi li consideriamo sempre come fratelli, preghiamo Dio di riportarli sulla retta via”.

“Le loro azioni non sono logiche”, ha poi aggiunto, sottolineando: “Ovunque ci sono conflitti, ci sono i soldi di questo Stato, in Mali, in Libia, in Sudan”. Tebboune ha quindi precisato che l’Algeria non nutre alcuna ostilità “verso di loro”, auspica “una coabitazione pacifica con tutte le nazioni”, ammonendo però che “la pazienza ha dei limiti” verso quanti la provocano.

Il presidente ha definito un “gesto positivo” la condanna espressa dal parlamento francese del “massacro” di decine di algerini avvenuto durante una manifestazione del 17 ottobre 1961 a Parigi, confermando che si recherà in visita in Francia. L’Eliseo ha annunciato nelle scorse settimane che il leader algerino è atteso a Parigi tra “fine settembre e inizio ottobre”.

“L’Assemblea nazionale francese ha compiuto un gesto positivo riconoscendo il crimine commesso dal (prefetto Maurice) Papon nel 1961. Questo è un passo positivo”, ha detto Tebboune in un’intervista alla televisione nazionale, ricordando che una commissione congiunta di storici dei due Paesi “sta lavorando sulla questione della memoria” della colonizzazione dell’Algeria da parte della Francia (1830-1964).

“Abbiamo raggiunto uno stadio di maturità che ci permette di vedere le cose come dovremmo vederle, senza emozioni”, ha aggiunto il presidente, secondo cui Algeri ha avviato un percorso “di ricostruzione delle relazioni con l’ex colonizzatore, senza tralasciare di un millimetro il suo dovere verso i martiri della resistenza e della guerra di liberazione”.

Secondo quanto riportato dai media francesi, il testo adottato dall’Assemblea nazionale, di portata soprattutto simbolica, condanna il massacro del 17 ottobre 1961, durante il quale morirono, secondo gli storici, tra trenta e oltre duecento manifestanti algerini. La risoluzione, che “condanna la repressione sanguinosa e omicida contro gli algerini commessa sotto l’autorità del prefetto di polizia Maurice Papon” chiede anche “l’inserimento di una giornata di commemorazione nell’agenda delle giornate nazionali e delle cerimonie ufficiali”. 

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