Zimbabwe, gli Stati Uniti revocano le sanzioni sul Paese in vigore dal 2003

di claudia

di Maria Scaffidi

Gli Stati Uniti hanno terminato lunedì un programma di sanzioni nei confronti dello Zimbabwe e hanno ripristinato restrizioni su nove persone e tre entità, tra cui il presidente del Paese, per il loro presunto coinvolgimento in corruzione o gravi violazioni dei diritti umani.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un provvedimento che revoca le sanzioni e le misure restrittive imposte allo Zimbabwe a partire dal 2003 in quanto Paese. Allo stesso tempo ne sono state imposte di nuove su persone ed entità.

“Sebbene io continui ad essere preoccupato dalla situazione in Zimbabwe, in particolare per quanto riguarda atti di violenza e altri abusi dei diritti umani contro esponenti politici e per quanto riguarda la corruzione pubblica, compreso l’abuso dell’autorità pubblica, la dichiarazione di emergenza nazionale nell’Ordine Esecutivo 13288 non è più necessaria” ha dichiarato Biden.

La revoca dell’emergenza nazionale non implica una cessazione immediata di tutte le azioni o procedure legate alla situazione in Zimbabwe. L’ordine esecutivo del Presidente Biden specifica che le azioni o le procedure avviate prima dell’emissione dell’ordine continueranno fino alla loro conclusione, garantendo che gli sforzi in corso non vengano interrotti bruscamente. 

Washington cerca di chiarire che le sanzioni non sono intese a colpire il popolo dello Zimbabwe con la mossa di lunedì, ha dichiarato il sottosegretario al Tesoro Wally Adeyemo in una dichiarazione. “Oggi stiamo riorientando le nostre sanzioni su obiettivi chiari e specifici: la rete criminale del presidente Emmerson Mnangagwa di funzionari governativi e uomini d’affari che sono più responsabili della corruzione o delle violazioni dei diritti umani contro il popolo dello Zimbabwe” ha detto Adeyemo.

Tra coloro che sono stati presi di mira con le nuove sanzioni si sobo Mnangagwa, l’uomo d’affari Kudakwashe Regimond Tagwirei, il primo vicepresidente Constantino Chiwenga e il ministro della Difesa Oppah Muchinguri. Le entità prese di mira sono la Sakunda Holdings, una società zimbabwese che il Tesoro accusa di aver facilitato la corruzione statale, così come la Fossil Agro e la Fossil Contracting.

Washington ha inoltre preso di mira per la prima volta la first lady Auxillia Mnangagwa e il vice direttore generale dell’Organizzazione centrale di intelligence dello Zimbabwe.

“Gli Stati Uniti restano profondamente preoccupati per il declino della democrazia, gli abusi dei diritti umani e la corruzione governativa in Zimbabwe” ha detto Adeyemo. “Questi cambiamenti nel nostro approccio forniscono un’opportunità al governo dello Zimbabwe di intraprendere riforme chiave per migliorare il suo record sui diritti umani, sulla buona governance e sulla lotta alla corruzione”.

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