Togo: costruiamo ponti culturali con l’Italia

di AFRICA

«Mio marito è togolese. Cercavamo un posto dove fosse possibile esprimere la nostra creatività. Dove sognare fosse ancora possibile». Roberta Girgenti, 38 anni, vive a Lomé dal 2015. «Ho studiato lingue straniere a Bologna, poi ho fatto un master a Padova, dove ho conosciuto Viwanou – racconta Roberta –. Abbiamo vissuto per quattro anni a Bruxelles. Mio marito aveva il desiderio di rientrare in patria creando un’attività in proprio e abbiamo scelto di partire dall’interesse dei giovani togolesi per la lingua e la cultura italiana». La coppia ha così avviato “La Casa Italiana”, primo centro culturale italiano del Paese: un’organizzazione che insegna l’italiano e prepara gli studenti togolesi a proseguire gli studi universitari in Italia.

Ad oggi il centro ha formato circa 230 giovani: 47 sono già in Italia, 130 si preparano a partire dopo l’estate. Lo staff italo-togolese contribuisce a creare un dialogo tra i due mondi grazie a conferenze, film, mostre e atelier di cucina. «Cerchiamo di smontare illusioni, fornendo elementi realistici per affrontare con successo un’esperienza in Italia. Ci danno una grande mano i tanti togolesi che rientrano in patria in vacanza dall’Italia e gli italiani che passano di qua».

Roberta, che è madre di una bambina di 4 anni, non nega alcune difficoltà nella vita in Togo senza standard da expat. «Viviamo in un quartiere popolare e non è sempre facile, con la musica sino a tarda notte o il muezzin che chiama alla preghiera alle 5 del mattino». Le difficoltà sono compensate dalla «grande socialità della gente e la predisposizione a improvvisare con spensieratezza». «Un’altra cosa che mi piace è l’importanza che si dà agli anziani. Non esistono case di riposo. I genitori vivono a casa con qualcuno, fino alla fine. E la morte è vissuta come un evento naturale: si festeggia, con cibo, alcool e musica, con centinaia di invitati. I funerali sono i veri eventi mondani».

(Martino Ghielmi – vadoinafrica.com)

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