Sudan: cancellazione del debito, solo fumo negli occhi?

di Valentina Milani

Quanto sono significativi per l’economia del Sudan e per lo sviluppo di questo Paese africano i provvedimenti annunciati dalla Francia nei confronti del debito internazionale di Khartoum? E quale peso politico hanno le cancellazione del debito bilaterale – si parla di circa 4 miliardi di dollari – e di un intervento francese da 1,5 miliardi di dollari per sanare un debito con il Fondo monetario internazionale?

“Se Emmanuel Macron ha effettivamente annunciato l’imminente cancellazione di tutte le rivendicazioni francesi sul debito sudanese, non è certo per beneficenza”, sostiene Milan Rivié, del Comitato per l’abolizione del debito illegittimo (Cadtm), condividendo con Africa Rivista/InfoAfrica le sue riflessioni sulle iniziative dell’Eliseo circa il finanziamento delle economie africane, tema di un mini vertice ieri e oggi a Parigi.

La cancellazione  – ritiene Rivié, del Cadtm Belgio – non sarà unilaterale, ma sarà presto effettuata nell’ambito del Club di Parigi. Conseguenze dirette, Macron ripristina questo Club, così strategico per la Francia, al centro degli accordi sui debiti sovrani. E il Sudan sarà costretto a firmare in anticipo un accordo con l’Fmi, un accordo fatto di nuove riforme strutturali, proprio quelle che hanno alimentato le grandi rivolte popolari dalla fine del 2018”.

Rivié ha seri dubbi sulla bontà delle proposte francesi per risanare il debito, e più generalmente, sulle ipotesi di “new deal” con gli investitori internazionali per ‘finanziarizzare’ lo sviluppo e privatizzare molti servizi pubblici africani. “Macron – scrive in una riflessione anche disponibile in rete sul sito del Cadtm – si comporta come un avvoltoio mentre mente sulla realtà dell’operazione”. Secondo Rivié, escludendo gli arretrati tardivi ereditati da precedenti regimi, tra cui il regime autoritario di Omar al-Bashir, la Francia deteneva debiti solo per 360 milioni di euro, e non per i 4 o 5 miliardi annunciati con grande effetto di comunicazione.

È probabile, secondo l’analista del Cadtm, che lo Stato francese converta tutti o parte di questi miliardi in un contratto di riduzione e sviluppo del debito (C2D), una specificità francese che consente di reinvestire questa somma a condizioni preferenziali. Ipotesi in parte confermata dal business forum svoltosi ieri mattina e durante il quale il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, ha incoraggiato il settore privato francese a investire in Sudan. Infine, il prestito ponte di 1,5 miliardi garantisce che la Francia manterrà il Sudan sotto il suo giogo per molti anni a venire.

Il Cadtm ritiene che la questione del debito sia più una questione politica che economica. Nel caso del Sudan, ricorda che la maggior parte del debito proviene da prestiti concessi nel contesto geopolitico della Guerra Fredda, quando il dittatore militare Gaafar Nimeiry e il suo governo erano sostenuti dai Paesi occidentali. Nel 1984, a seguito di una serie di shock economici, il Sudan ha smesso di ripagare il proprio debito. Dal 1989 al 2019, Omar al-Bashir –  accusato tra l’altro di crimini contro l’umanità e crimini di guerra in Darfur – ha successivamente ricevuto vari aiuti finanziari (il Cadtm cita la Bnp Paribas e la Cina, primo partner economico e importante creditore del Sudan). In questo senso il comitato definisce “ illegittimo e odioso” il debito sudanese, che non ha nemmeno giovato alla popolazione. “Dovrebbe essere cancellato a titolo definitivo, senza alcuna forma di condizionalità”.

Il Sudan è peraltro  coinvolto in un meccanismo ancora più complesso: solo 25 anni dopo il lancio nel 1996 dell’iniziativa Hipc (iniziativa per la cancellazione del debito dei Paesi più poveri e indebitati) riuscirà a vedere il 90% o più del suo debito estero pubblico bilaterale essere cancellato secondo le condizioni imposte dal trio Fmi, Banca Mondiale, Club di Parigi. Perché una tale attesa? “Almeno quattro ragioni”, spiega Milan Rivié: “la natura dispotica del regime di Al-Bashir. I creditori hanno preferito aspettare fino alla sua caduta. In secondo luogo, come molti Paesi africani, il Sudan ha sostenuto la Palestina senza riconoscere lo Stato di Israele. In terzo luogo, il Sudan era nell’elenco statunitense dei Paesi che sostengono il terrorismo. Per uscirne, l’ex presidente Donald Trump ha ricattato il governo di transizione sudanese facendogli firmare un accordo di pace con Israele,  in ottobre e dicembre 2020. Quarto, il precedente regolamento degli arretrati di pagamento dovuti al Fmi, alla Banca mondiale e alla Banca africana per lo sviluppo. Per fare questo, una serie di Paesi occidentali tra cui la Francia, hanno concesso prestiti ponte, un meccanismo in cui nuovi creditori sostituiscono i precedenti”.

(Céline Camoin)

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