Sette libri per l’estate

di Marco Trovato

Letture sull’Africa e sul mondo nero da portarsi in vacanza. Romanzi, racconti, saggi fumetti… I nostri consigli per l’estate… destinati a grandi e piccoli. A cura di Stefania Ragusa. 

Non sono propriamente letture da ombrellone. Anche quando scorrono in modo meraviglioso, richiedono concentrazione, perché toccano temi impegnativi e si intrecciano con la Storia, le storie e le vite di tutti. Ma le vacanze – ammesso che si riesca a farle – non devono per forza essere il momento della vacuità. Possono offrire al contrario lo spazio per misurarsi con questioni culturali profonde e leggere testi che implementano le conoscenze e aprono la mente. Ve ne suggeriamo sette. Uno per ogni giorno della settimana.

 

Le storie nere del Corriere dei Piccolia cura di Laura Scarpa (ComicOut)

In principio e per alcuni anni abbiamo creduto al mito degli “italiani brava gente”. Poi, grazie a studiosi come Angelo Del Boca, sono venute fuori le cose terribili fatte dal nostro colonialismo nel Corno d’Africa e in Libia. Ma del contesto sociale e culturale in cui tutto questo avvenne, in fondo, si continua a sapere poco. Le storie nere del Corriere dei Piccoli, volume curato da Laura Scarpa e che vede la partecipazione di altri importanti nomi del fumetto contemporaneo, nasce con l’intenzione di esplorare l’immaginario dell’epoca usando come punto di vista quello delle strisce pubblicate tra i primi del ‘900 e la metà degli anni ’30 su questa storica rivista, letta dai bambini ma ovviamente acquistata dagli adulti. Sono strisce che riflettono posizioni interventiste e fasciste (nessuna meraviglia: il Corrierino era un’emanazione del Corrierone, filogovernativo allora come quasi sempre). Dal bambino Bilbolbul (che è in assoluto il primo personaggio di un fumetto italiano) a Romolino e Romoletto, piccoli balilla in Africa, passando per altri personaggi che toccano magari solo di striscio la rappresentazione del diverso, con le parole ma ancora di più con i disegni, ci raccontano il passaggio da un modello di razzismo di tipo “contemplativo” ad uno viavia più esplicito e diretto che raggiunge l’apice durante la campagna d’Etiopia (1935/36).

 

L’immigrazione in Italia, da Jerry Masslo a oggia cura di Valerio De Cesaris e Marco Impagliazzo (Guerini & Associati).

Il 24 agosto del 1989 a Villa Literno il sudafricano Jerry Essan Masslo veniva ucciso da un gruppo di criminali che aveva raggiunto il ghetto per derubare gli immigrati impegnati nella raccolta del pomodoro. L’omicidio fa scoprire all’Italia di essere (anche) un Paese di immigrazione e rivela l’inadeguatezza della sua visione storica e dell’apparato normativo. A Masslo, che aveva lasciato il Sudafrica dell’apartheid per rifarsi una vita, era stato negato infatti lo status di rifugiato perché non proveniente da un Paese  dell’est Europa (ricordiamolo sempre: la convenzione di Ginevra è stata scritta facendo riferimento alla Guerra Fredda). A partire da quella morte ci si cominciò a interrogare  sul razzismo e sulle norme che regolavano l’immigrazione. Trent’anni dopo il mondo è profondamente mutato, ma l’immigrazione continua a essere considerata un’emergenza e le leggi che avrebbero dovuto regolarla hanno mancato sistematicamente gli obiettivi dichiarati. Eppure l’integrazione dei migranti è un dato di fatto e si riscontra a ogni livello, dalla scuola al mondo del lavoro, allo sport, all’economia. In questo volume, curato da Valerio de Cesaris, docente di storia contemporanea all’Università per Stranieri di Perugia, e dal presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, studiosi di varie discipline tratteggiano la situzione del presente e ragionano sulle sfide del futuro.

 

 

Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin. Émilie Plateau (Einaudi Ragazzi)

La prima donna nera a non cedere il posto sul’autobus a un bianco non è stata Rosa Parks. Il 2 marzo del 1955, ossia nove mesi prima di Rosa, Claudette Colvin, una studentessa di 15 anni, aveva già fatto a Montgomery la stessa identica cosa, andando incontro a un processo e successivamente all’oblio. Émilie Plateau ha raccontato la vita “dimenticata” di questa giovane donna in una graphic novel che ha appena vinto la sezione fumetto del premio Andersen 2020Il 2 marzo del 1955 Claudette, che all’epoca andava a scuola e sognava di diventare avvocato, stava in autobus rimuginando sull’assurdità della norma che impediva ai neri di usare gli spogliatoi dei grandi magazzini. Sale una donna bianca. I sedili “bianchi” sono occupati. L’autista intima a Claudette di alzarsi ma lei non ubbidisce. Fu portata in prigione e rilasciata. La contattarono alcuni leader del movimento per i diritti dei neri che volevano organizzare un boicottaggio dei bus: lei avrebbe dovuto fare da testimonial. Claudette si mise a disposizione, ma sorsero subito dei dubbi sull’opportunità di puntare su di lei: troppo giovane e, a quanto pare, troppo incinta di un uomo sposato e forse anche bianco. Per una battaglia così strategica ci voleva una personalità specchiata, in grado di piacere a bianchi e neri, allineata con i costumi dell’epoca. La scelta cadde su Rosa Parks, seria, studiosa e moralmente ineccepibile. E il 1° dicembre 1955, come è noto, Rosa non si alzò. Claudette scomparve dai volantini e dalla memoria. Oggi, più che ottantenne, vive a New York. Non ha fatto l’avvocato. Non ha mai avuto parole dure per quelli che la misero da parte. Ma a un giornalista disse: «I giovani pensano che Rosa Parks si sia seduta su un autobus e abbia posto fine alla segregazione, le cose non sono andate esattamente così».

 

 

Il paese degli altri. Leila Slimane (La Nave di Teseo)

Siamo in Francia, negli anni ‘40. Scoppia la guerra e Mathilde si innamora di Amin, un giovane marocchino venuto a combattere in Europa: lui è affascinato dalla bellezza e dalla libertà di lei, Mathilde dalla sensibilità di lui. Si sposano contro il parere di tutti e, chiusa la parentesi bellica, vano a vivere in Marocco. Ma dall’altro lato del Mediterraneo, quasi subito, la donna si sente imprigionata in un mondo di costrizione e controllo di cui non capisce il senso e che confligge con il suo carattere. Anche con Amin non mancano i contrasti ma sempre prevale l’amore e la dedizione ai due figli: Aisha e Sélim. La famiglia di Amin è molto tradizionale: la madre anziana, da sempre ligia alle regole del mondo arabo; il fratello Omar è conservatore e autoritario. C’è però anche una sorella, Selma, ribelle e politicizzata, che trova in Mathilde una sponda. I due mondi sono destinati a collidere quando Selma, grazie a Mathilde, conosce un ragazzo francese, di cui si innamora e che progetta di sposare: non solo Amin manderà a monte le nozze, ma si rivolterà contro la sua stessa moglie. Sullo sfondo, le tensioni politiche in Marocco che si accendono, giorno dopo giorno. Dall’autrice Premio Goncourt, il primo volume della trilogia Il paese degli altri: una saga famigliare che copre tre generazioni, dal 1946 ai giorni nostri, tra il Marocco, la Francia e New York.

 

Il venditore di Sogni. Ben Okri (Bompiani)

Si tratta di una raccolta di racconti che Bompiani propone in una nuova edizione a distanza di più di trent’anni dalla loro prima pubblicazione e che rappresenta comunque uno straordinario spaccato di vita nigeriana. Ci mostra con realismo e uno sguardo interno lo scambio, esistenziale prima ancora che culturale, tra l’universo rurale e quello urbano, il tempo dilatato del villaggio, la furia della città. E sullo sfondo c’è la guerra del Biafra, la frattura etnica, il miraggio della modernità ricacciato indietro dal nuovo scenario politico ed economico che va disegnandosi altrove e che da Lagos è difficile immaginare. Il racconto che dà il nome al volume è quello che più di ogni altro, emerge il contrasto tra l’Africa di città e quella di campagna e la loro intima indissolubilità. Okri ha una penna magica. Scende in profondità senza appesantire di un grammo la sua prosa. Descrive un mondo pre-internet, scandito da dislivelli tribali e di classe, riuscendo a dare vita a una narrazione che resiste al passaggio del tempo.

 

Scusate il disturbo, Patty Yumi Cottrell (66th and 2nd)

Un’anti-autobiografia. Così Yumi Cottrell definisce il suo romanzo d’esordio – che ci porta dentro una delle città più segregate d’America, quella Milwaukee che tanti lettori associano inevitabilmente a Happy Days. La protagonista ha 32 anni, origini asiatiche e si chiama Helen Moran. È stata adottata da una famiglia locale, bianca e cattolica, e in seguito si è stabilita a Manhattan dove lavora con e per gli adolescenti a rischio, che sono in gran parte black. La notizia del suicidio del fratello adottivo la spinge a tornare a casa e a misurarsi, ancora e di nuovo, con le rigide barriere etniche che attraversano la città. In particolare, si sofferma sulla relazione ambigua che lega – o meglio separa – gli americani di origine asiatica dalle persone nere e sulla aspirazione più o meno consapevole dei primi a essere considerati la minoranza modello. Si tratta di un tema poco indagato e narrato, che permette di guardare le questioni sollevate da Black Lives Matter ancora da una nuova prospettiva. Cottrell, che, che si dichiara “sospettosa” verso l’ansia di classificazione, ha origini sudcoreane, è figlia adottiva, è cresciuta nel Midwest. Le analogie tra lei e il suo personaggio sono numerose, ma su questo non ama soffermarsi. Come ha spiegato in un’intervista: «Leggere un libro senza sapere nulla dell’autore rende il testo più potente. Non appena si inizia a fondere la voce narrante con quella dello scrittore, ecco che la gente comincia a chiedersi: “ma sarà successo davvero?”». Da qui la scelta di parlare di anti-autobiografia. Scusate il disturbo è uscito negli USA nel 2017. L’anno successivo ha vinto il Whiting Award, che premia gli esordienti più promettenti.

 

 

Kaha, la luce del Sole”, di Claudio Cremaschi. Bookabook

Somalia, anni Settanta. Dopo la presa di potere di Siad Barre, un gruppo di giovani ministri accetta di collaborare con il regime per liberare il Paese dai retaggi coloniali e dalle divisioni tribali, consapevole che per un vero cambiamento  sia necessario rafforzare il sistema educativo e introdurre la forma scritta per la lingua somala. Nello stesso periodo alcuni volontari italiani in servizio civile, docenti in una scuola cattolica, cercano invano di adattare l’insegnamento alla realtà locale, incontrando la resistenza della comunità italiana.
Dall’intrecciarsi di questi due mondi nasce un piccolo caso politico internazionale, che getta luce su una realtà e un periodo storico ancora poco conosciuti. In questo libro Claudio Cremaschi ricostruisce la vicenda, con rigore storiografico e sensibilità letteraria. Kaha è una parola somala, che significa alba o, ancor più precisamente, la luce che precede il sole. È il momento in cui «le stelle iniziano a spegnersi, a partire da oriente. E si intravedono le prime fiammate di luce, poi il mare infuocato, il sole che sorge. L’alba dura pochissimo all’equatore. È un attimo di attesa, di speranza, che racchiude in un breve istante la promessa del giorno che nasce». E la Somalia dell’epoca sembrava sospesa in questa alba.  Kaha però è anche il nome di una scrittrice italo-somala: Kaha Mohamed Aden. È una delle figlie di Mohamed Aden Sheik, che era ministro della sanità in quegli anni, successivamente chiuso da Syad Barre in un carcere di massima sicurezza, liberato grazie alle pressioni di Amnesty Interational, e infine rifugiato in Italia. «Mi piace pensare che la scelta del nome dato alla figlia non sia stata casuale», dice Cremaschi. E a Kaha, donna coraggiosa, e a suo padre, uomo straordinario, è dedicato questo libro.

(Stefania Ragusa)

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