Sahara occidentale, attivisti denunciano crimini marocchini

di claudia
sahara occidentale

Un collettivo di difensori dei diritti umani nel Sahara occidentale, il Codesa, ha pubblicato in questi giorni un rapporto che denuncia violazioni commesse dalle forze di occupazione marocchine contro la popolazione civile sahrawi. Il rapporto, presentato alla stampa nei giorni scorsi, documenta quelle che definisce violazioni dei diritti umani e crimini di guerra commessi nel territorio occupato nel periodo compreso tra settembre 2020 e dicembre 2021.

Il rapporto del Codesa sostiene che “da quando il Marocco ha violato l’accordo di cessate il fuoco nel novembre 2020, la repressione e le violazioni dei diritti umani all’interno delle città del Sahara occidentale sono aumentate drasticamente”. Una situazione che, secondo gli stessi attivisti, sottolinea l’incapacità della comunità internazionale e dell’Onu ad adottare misure efficaci per “completare il processo di decolonizzazione promesso dal 1991 sulla base del diritto all’autodeterminazione sancito dal diritto internazionale”.

Secondo il rapporto, riferisce il sito filo sahrawi Ecsaharaui, il Marocco ha effettuato almeno 20 esecuzioni extragiudiziali e arrestato illegalmente almeno 121 cittadini sahrawi nel periodo compreso tra settembre 2020 e dicembre 2021. “Diversi attacchi effettuati dalle forze di occupazione in diverse parti del Sahara occidentale occupate nello stesso periodo hanno causato gravi lesioni fisiche e deformità in 264 persone. Le forze di occupazione marocchine hanno inoltre imposto punizioni collettive effettuando almeno 139 sgomberi nelle case di attivisti sahrawi”.

Il rapporto, presentato tra l’altro dall’attivista Mahjoub Maliha, denuncia che i prigionieri sahrawi sono soggetti alla costante negazione dei loro diritti fondamentali secondo il diritto internazionale. “Vivono in condizioni difficili e sono soggetti, tra l’altro, a rappresaglie, maltrattamenti e discriminazioni”.

Il rapporto afferma inoltre che i prigionieri politici sahrawi nelle carceri marocchine affrontano negligenza medica, privazione di cibo e condizioni antigieniche. Secondo il Codesa, almeno 59 prigionieri politici sahrawi hanno dovuto ricorrere a scioperi della fame a lungo termine per protestare contro i maltrattamenti all’interno della prigione.

Il rapporto rileva inoltre che, imprigionando detenuti sahrawi a centinaia di chilometri di distanza, l’occupazione marocchina li tiene deliberatamente lontani dalle loro famiglie e dai loro amici come forma di punizione. Secondo il rapporto, quasi l’80 per cento di tutti i prigionieri sahrawi sono detenuti in carceri che distano almeno 320 km o più dalle loro case.

Il Codesa denuncia che le autorità marocchine hanno utilizzato l’”emergenza sanitaria” dichiarata durante la pandemia di Covid-19 come mezzo per aumentare l’oppressione del popolo sahrawi, sia all’interno che all’esterno delle carceri. Sostiene che il Marocco ha impedito agli osservatori stranieri di visitare il Sahara occidentale occupato per nascondere i loro crimini e negare al movimento di autodeterminazione del Sahara il ricorso necessario al contatto globale.

Il rapporto accusa il Marocco di utilizzare la sua occupazione del Sahara occidentale per continuare a depredare il territorio delle risorse e privare i sahrawi dei loro diritti economici. Invita organizzazioni come l’Onu e la Croce Rossa Internazionale ad assumersi le proprie responsabilità “nei confronti del Sahara occidentale come territorio non autonomo sotto occupazione militare in cui si applica il diritto internazionale umanitario”. Il rapporto evidenzia anche la responsabilità della Spagna come potere amministrativo per i crimini delle autorità marocchine.

Condividi

Altre letture correlate: