Rd Congo, una storia di diamanti troppo sporchi anche per i Panama Papers

di Valentina Milani
minatore

La nuova amministrazione statunitense ha revocato la decisione, presa alla fine del mandato di Donald Trump, di allentare temporaneamente le sanzioni imposte al miliardario israeliano Dan Gertler, accusato di corruzione nell’ambito dei contratti miliardari di cui è titolare in Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Una vicenda che torna a far riflettere sulle dinamiche e sulle contraddizioni relative alle modalità di sfruttamento del sottosuolo congolese, ricco di risorse come oro, diamanti, coltan e cobalto che sono oggetto di interessi internazionali e causa di miseria locale. Il coltan, per esempio, una miscela di columbite e tantalite, è divenuto un componente essenziale e ricercato per il mondo dell’elettronica e delle nuove tecnologie. Un tesoro di cui la popolazione non solo non beneficia ma che paga in termini di violenze subite a causa della presenza di una miriade di gruppi armati. Ed è ripercorrendo a ritroso il filo che lega la materia prima del sottosuolo alle multinazionali che la usano che si ha una visione più chiara dell’intricata matassa di interessi che circonda questo fragile gigante d’Africa che è il Congo

Questa marcia a ritroso in qualche modo viene fuori rileggendo le vicende legate a Dan Gertler. Nipote di un commerciante di diamanti, Gertler – in una ricostruzione dei suoi esordi fatta da Le Monde – sbarcò nel 1997, all’età di 23 anni, a Kinshasa, capitale di un Paese allora in guerra e governato da Mobutu Sese Seko. Il leader ribelle Laurent Désiré Kabila – padre di Joseph – aveva bisogno di soldi e armi per lanciare un assalto alla capitale. Il giovane israeliano stava osservando i depositi di diamanti nell’est del Paese. I due uomini trovarono un accordo e Gertler raccolse 20 milioni di dollari per finanziare la ribellione. In cambio ottenne da Kabila un monopolio virtuale sui diamanti.

“La licenza precedentemente concessa al signor Gertler non è coerente con i forti interessi della politica estera americana nella lotta alla corruzione nel mondo, inclusi in particolare gli sforzi degli Stati Uniti per contrastare la corruzione e promuovere la stabilità nella Repubblica Democratica del Congo” ha sentenziato una nota del Dipartimento di Stato divulgata ieri.

Il Tesoro degli Stati Uniti aveva imposto sanzioni contro Gertler nel 2017 e nel 2018, impedendogli di fare affari con cittadini o istituzioni statunitensi, escludendolo di fatto dal sistema bancario internazionale. L’amministrazione Trump aveva concesso a Gertler una tregua di un anno fino al 31 gennaio 2022, per poter continuare a fare affari con le società statunitensi.

Molte organizzazioni non governative avevano fatto pressioni sul governo di Washington affinché si rivedesse tale decisione. Tra queste, The Sentry, sostenuta dall’attore George Clooney, che nell’appello all’amministrazione di Joe Biden ricorda che su Getler pesa l’accusa di aver accumulato la sua fortuna attraverso centinaia di milioni di dollari di operazioni minerarie e petrolifere opache e corrotte nell’ex Zaire. Lo stesso Tesoro statunitense ha concluso che Gertler ha usato la sua stretta amicizia con l’ex presidente congolese Joseph Kabila per mediare le vendite di quote minerarie costringendo alcune multinazionali a passare attraverso Gertler per fare affari con lo Stato congolese. Di conseguenza, solo tra il 2010 e il 2012, la Rd Congo avrebbe perso più di 1,36 miliardi di dollari di entrate a causa della sottovalutazione delle attività minerarie vendute a società offshore collegate a Gertler.

Dopo la revoca delle sanzioni da parte dell’amministrazione Trump, a novembre Gertler ha fatto girare un videomessaggio inedito in cui si è rivolto direttamente ai congolesi per riferire sui suoi vent’anni di investimenti e offrire loro una partnership “storica”. Il messaggio ha fatto molto discutere ed è suonato come una presa in giro alle orecchie della società civile congolese, che continua a chiedere maggiore trasparenza sugli affari del milionario israeliano.

Secondo le inchieste delle Ong Global Witness e la Platform for the Protection of Whistleblowers in Africa (Pplaaf), il controverso uomo d’affari era  riuscito a eludere le sanzioni statunitensi facendo affidamento su una rete internazionale di riciclaggio di denaro.

Secondo il giornale francese Le Monde, persino la società di domiciliazione fiscale Mossack Fonseca, protagonista dello scandalo dei Panama Papers, ha rifiutato operazioni per conto di Gertler. Jennifer Mossack, figlia del fondatore dell’azienda panamense, avrebbe definito il businessman israeliano un “mercante di diamanti insanguinati” in un messaggio interno consultato da Le Monde. Una presa di posizione sufficiente per riflettere.

(Céline Camoin)

Condividi

Altre letture correlate: