Perché la Cina non è l’unica responsabile dell’indebitamento africano

di claudia

Di Federico Pani – Centro studi AMIStaDeS

Negli ultimi due decenni la rapida crescita di alcune economie del continente africano e il conseguente approfondimento dei legami commerciali e politici con la Cina ha coinciso con il riemergere di un pericoloso indebitamento. La narrazione odierna della trappola del debito sembra comunque assumere i lineamenti della rivalità strategica e ideologica sino-americana piuttosto che un riflesso delle realtà o delle prospettive africane.

Nel corso degli ultimi anni le grandi potenze dello scenario internazionale hanno rinvigorito il loro interesse per il continente africano. In questa accezione particolare rilevanza ha ricoperto l’espansione della partnership tra Cina e Africa. Se all’inizio del nuovo millennio il commercio tra il gigante asiatico e i Paesi del continente valeva circa 10 miliardi di dollari, nel 2015 ha superato i 200 miliardi di dollari, elevando la Cina a principale partner commerciale del continente. Non solo. Dal 2013 gli afflussi di investimenti diretti esteri (IDE) cinesi in Africa hanno superato ogni anno quelli degli Stati Uniti.
Nell’agosto scorso alla riunione ministeriale del Forum per la cooperazione Cina-Africa, Pechino ha promesso un’ampia riduzione del debito nei confronti di 17 Paesi africani. Già nel febbraio 2022, 23 Paesi africani erano in difficoltà debitorie o a rischio. Il tracollo economico e il rovesciamento del regime Rajapaksa nello Sri Lanka hanno allarmato l’intero continente: Ghana e Sudafrica, ad esempio, si dichiarano essere particolarmente preoccupati per un circolo vizioso di declassamenti da parte delle agenzie di rating. L’annuncio di Pechino era comunque dato per scontato da alcuni istituti bancari africani, essendo ampiamente risaputo che quando Pechino decide di estendere le linee di credito, raramente queste vengono rimborsate per intero. Ciò non significa che la decisione del Dragone non sia degna di nota. Per taluni Paesi, la cancellazione del debito potrebbe avere un impatto positivo sulle loro economie.

La “trappola del debito”: l’accusa di Washington
Diversi sono stati i Paesi africani che hanno accolto con favore l’incremento della partnership con la Cina. Nel pieno della “guerra” economica e ideologica con Pechino, gli Stati Uniti hanno cercato di smorzare gli entusiasmi del continente. In che modo? La narrativa della “trappola del debito” sostiene che il miracolo economico della Cina, la sua ascesa globale e la recrudescenza del debito africano siano intimamente collegati. Al centro di questa tesi c’è l’idea che uno Stato creditore possa esercitare un’influenza considerevole su uno Stato debitore, e in quanto tale, più debole. In tale accezione, nel caso in cui i prestiti non venissero rimborsati, la Cina avrebbe l’opportunità di impossessarsi di garanzie inestimabili, come porti o riserve petrolifere, oppure obbligherebbero Paesi nominalmente indipendenti a piegarsi all’ideologia politica del Dragone.

Secondo gli Stati Uniti, il perseguimento da parte della Cina della “diplomazia della trappola del debito” farebbe parte del suo tentativo di dominio economico e politico sul sistema internazionale. L’ex ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite Nikki Haley ha affermato che “questo era il piano della Cina fin dall’inizio”. Quando era Segretario di Stato, Mike Pompeo dichiarò che ‘non è un segreto che la Cina è di gran lunga il più grande creditore bilaterale nei confronti dei governi africani, creando un debito insostenibile’. L’ex vicepresidente Mike Pence nel 2018 accusava la Cina di servirsi della cosiddetta ‘diplomazia del debito’ allo scopo di espandere la sua influenza. Secondo Washington la “trappola del debito” si tradurrebbe così in uno strumento di pressione politica. Non solo. I critici evocano una maggiore trasparenza in quanto termini e intese dei prestiti rimangono singolarmente oscuri: i contratti sono di solito estremamente difficili da accedere, annosi da confrontare e soggetti a condizioni complesse e mutevoli.

cina e africa

Il win to win di Pechino. Questo sconosciuto per Washington.
La narrativa della trappola incontra un limite quando tende a trascurare che per la Cina accaparrarsi un asset strategico contro la volontà di uno Paese sarebbe controproducente dal punto di vista diplomatico in quanto ciò implicherebbe la proiezione e il coinvolgimento della sua forza militare ed in quanto tale, minerebbe il messaggio di “solidarietà” geopolitica lanciato dal Dragone: non ingerenza negli affari interni e partenariato economico, ovvero i due principi fondamentali sulla base dei quali sono state sostanzialmente intessute le relazioni diplomatiche e commerciali della Cina in Africa nel nuovo millennio.
Appare inoltre inappropriato condurre sul patibolo la Cina con l’accusa di essere l’unica responsabile del pesante debito che attanaglia il continente africano. Inquadrare il problema del debito africano in termini di rivalità tra grandi potenze finisce per oscurare le caratteristiche strutturali del sistema finanziario internazionale che risultano assai più consequenziali nel plasmare la liquidità e la solvibilità degli stati africani.

La tesi della trappola del debito sottovaluta, inoltre, il motivo principale addotto dai debitori africani per il loro interesse nei confronti di nuovi donatori e finanziamenti del settore privato: parte dell’appello si rinviene nel fatto che la Cina possiede esperienza e promuove grandi progetti infrastrutturali, che i donatori occidentali hanno invece trascurato di voler mettere in opera per decenni. La narrazione del debito sembra inoltre essere in realtà funzione della rivalità strategica e ideologica sino-americana piuttosto che un riflesso delle realtà o delle prospettive africane. È opportuno ricordare come nell’ultimo ventennio i governi occidentali abbiano esplicitamente sostenuto la crescita del debito africano attraverso prestiti privati ​e adottato politiche monetarie interne che hanno spinto gli investitori a caccia di rendimenti nei mercati di frontiera.

Numeri e progetti degli investimenti cinesi in Africa.
Nel 2018 la Cina ha investito in Africa 114,4 miliardi, che equivale a circa l’1,8% del totale del debito estero dell’Africa, destinati alla costruzione di infrastrutture come strade, ponti, porti, aeroporti e ferrovie.
Alcuni esempi. In Kenya, ex colonia britannica, ad esempio, occorrevano più di dieci ore di treno per andare dalla capitale Nairobi al porto di Mombasa, prima che fosse costruita per opera dei cinesi la nuova ferrovia. La nuova infrastruttura ha dimezzato il tempo di percorrenza, apportando grandi benefici alle popolazioni e allo sviluppo del commercio locale: ha generato decine di migliaia di posti di lavoro e ridotto significativamente i costi logistici facilitando un miglioramento delle capacità della forza lavoro locale. L’Angola, ex colonia portoghese, attanagliata da lunghi conflitti interni e dall’iperinflazione, ha finito per essere spesso esclusa, per mancanza di sufficienti garanzie di stabilità, dai finanziamenti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, apparentemente insensibili alla presenza nel sottosuolo angolano di enormi riserve di petrolio. Nel 2002 la Cina si prese carico di finanziare la ricostruzione del paese e dal 2009 Luanda produce tanto petrolio quanto la Nigeria. La Banca Mondiale elogiò poi il modello di sviluppo definendolo “Angola Mode”. Al Summit di Beijing del settembre 2018 gli stessi leader africani hanno rifiutato la tesi del debito trappola, apostrofandolo senza mezzi termini come “un attentato per scoraggiare la cooperazione Cina-Africa”.

Sitografia:
Harry Verhoeven, “Will China’s debt cancellations make a difference?, African Arguments”, 1 settembre 2022.
https://africanarguments.org/2022/09/will-china-africa-debt-cancellations-make-a-difference/
Lippolis, Verhoeven, “Politics by Default: China and the Global Governance of African Debt”, Tandfonline, 30 maggio 2022.
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00396338.2022.2078054
Nikki Haley (@NikkiHaley), tweet, 19 Aprile 2020.
https://twitter.com/nikkihaley/status/1251966724007702530
Michael R. Pompeo, ‘Press Statement: Empty Promises from the People’s Republic of China in Africa’, US Department of State, 24 Giugno 2020.
https://2017-2021.state.gov/empty-promises-from-the-peoples-republic-china-in-africa/index.html
Piero De Sanctis, FORUM SULLA COOPERAZIONE CINA-AFRICA, Centro Gramsci, 15 ottobre 2018.
http://www.centrogramsci.it/?p=885
Immagine Copertina:
https://www.dreamstime.com/royalty-free-stock-photos-chinese-capital-africa-investment-run-image35425348

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