Nigeria: nascita dell’Iswap, relazione e differenze con Boko Haram

di Valentina Milani

L’Islamic State West Africa Province (Iswap), l’organizzazione terroristica attiva in Nigeria e indicata come responsabile della presunta morte del leader di Boko Haram Shekau, rappresenta una formazione derivata da Boko Haram medesimo e legata allo Stato Islamico.

A inizio anni 2000, un giovane imam di Maiduguri, la capitale dello Stato di Borno in Nigeria, comincia a distinguersi e a raccogliere consensi. Si tratta di Muhamed Yusuf, studioso salafita che predicava esortando i nigeriani a ritornare alla verità dell’Islam e ad allontanarsi dalle fuorvianti “novità” introdotte dalla cultura occidentale. Il suo messaggio ebbe molta presa sulle popolazioni del Nord-est, che si sentivano emarginate dal resto del Paese in una prospettiva socio-economica e politica.

Nel 2009, Yusuf progettò di istituire con la forza un califfato islamico. Venne arrestato e morì mentre si trovava sotto la custodia della polizia. I suoi seguaci si nascosero nell’intricata e inaccessibile foresta Sambisa, tra Maiduguri e il Ciad, e cominciarono a riorganizzarsi. Dal confronto per la leadership emersero alla fine due figure prominenti: il probabilmente ciadiano Mamman Nur e Abubakar Shekau, appartenente all’etnia kanuri. Fu quest’ultimo a imporsi.

Carismatico, ambizioso e spietato, Shekau riuscì a trasformare il gruppo in un’organizzazione terroristica altamente strutturata che iniziò a colpire scuole, locali governativi, istituzioni internazionali e chiese. L’organizzazione, che faceva riferimento al movimento Boko Haram e che è stata spesso chiamata semplicemente Boko Haram (locuzione che significa la cultura occidentale è proibita) fu ribattezzata Jas, ossia Jamatu Ahli AlSunna lil Da’wa Wal Jihad .

Nel 2011-2012, un gruppo del consiglio consultivo di Jas, guidato da Khalid Al-Barnawi e Mamman Nur, si rivolse ai leader di Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim), criticando la leadership di Shekau e le sue posizioni estremiste. I contrasti tra Shekau e i comandanti di Jas si acuirono tanto da portare al primo scisma e alla nascita di Jama’at Ansari Al-Muslimin fi Bilad Al-Sudan ossia Ansaru.
Aqim prese le distanze da Jas scegliendo di rapportarsi con Ansaru.

Shekau si volse allora al gruppo tradizionalmente rivale di Al-Qaeda, lo Stato islamico (Isis). A marzo 2015 lo scisma veniva ricomposto e Shekau prometteva fedeltà al califfo dell’Isis AbuBakr Al-Baghdadi. Risulta tuttavia che Al-Baghdadi, memore dei trascorsi di Shekau con Aqim, abbia avuto da subito parecchi dubbi sulla leadership di Shekau. E quando cominciarono ad arrivargli le prime lamentele ufficiali, decise di dare il suo sostegno a Mamman Nur e a una nuova figura emersa nel panorama jihadista nigeriano: Abu Musab Al-Barnawi.

Che cosa rimproveravano esattamente Mamman Nur e Abu Musab Al-Barnawi a Shekau? Secondo un rapporto dedicato al terrorismo nigeriano e realizzato dal Cairo International Center for Conflict resolution, peacekeeping & peacebuilding (Cccpa) essenzialmente tre cose: 1) di prendere la maggiore parte delle decisioni da solo, infliggendo punizioni terribili a chi per qualsiasi ragione andava discostandosi dalla sua linea; 2) di considerare apostata chiunque non aderisse al Jas, creando quindi una frattura insanabile con la società; 3) di avere perso territorio e seguito a causa di alcuni evidenti errori tattici.

Nell’agosto 2016, Al-Baghdadi ha dichiarato Abu Musab Al-Barnawi come referente dell’Iswap, rimuovendo Shekau dalla sua posizione. Questa decisione ha portato alla divisione in due fazioni: il gruppo di Abu-Bakr Shekau, che è tornato al suo vecchio nome Jas e che è normalmente indicato com Boko Haram; e quello di Al-Barnawi, denominato Iswap.

Jas/Boko Haram ha continuato con le uccisioni indiscriminate, le razzie di interi villaggi, il rapimento di donne e bambini. Iswap ha messo in campo azioni più mirate volte a colpire campi militari, siti di esplorazione petrolifera e obiettivi istituzionali.
Entrambe le organizzazioni hanno realizzato rapimenti nelle scuole, ma con stili operativi differenti.
Le 110 ragazze rapite dall’Iswap a Dapchi nel 2018 sono state rilasciate in buone condizioni e risulta che, pur nella prigionia, siano state trattate bene. Una sola ragazza non è stata liberata perché si sarebbe rifiutata di convertirsi all’Islam.
Diverso il trattamento imposto da Jas/Boko Haram alle 276 studentesse rapite a Chibok nel 2014. Come è noto, di cento di loro non si hanno più notizie e quelle che sono riuscite a fuggire hanno riferito di abusi e maltrattamenti.

Questi approcci differenti hanno determinato una perdita significativa di consensi e adesioni verso Jas/Boko Haram, mentre l’attenzione ostentata di Iswap ai bisogni della popolazione ha contribuito a rafforzare la sua popolarità. Nel suo rapporto il Cccpa cita tuttavia la testimonianza di un imam dello Stato di Yobe che precisa come la comunità locale non si faccia “ingannare” più di tanto dal jihadismo dal volto umano interpretato da Iswap, “poiché anche se fingono di evitare obiettivi civili, è praticamente impossibile sfuggire totalmente ai danni collaterali delle loro azioni”.

(Stefania Ragusa)

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