eSwatini scosso da manifestazioni contro il re Mswati, bloccato internet

di claudia
mswati III

L’ultima monarchia assoluta d’Africa, l’eSwatini (un tempo Swaziland) è sconvolta, da un paio di settimane, da grandi manifestazioni di protesta contro il monarca Mswati III e in favore della democrazia. Manifestazioni che, ogni giorno di più, vengono represse con fermezza brutale dalla polizia. Almeno 29 persone nel 2021, scrive l’Afp, sono morte mentre la polizia si scontrava con i manifestanti nei disordini peggiori nella storia del Paese dell’Africa meridionale.

Nella giornata di oggi agli operatori di telefonia mobile è stato detto dal governo di sospendere l’accesso a Facebook e alla sua app di messaggistica fino a nuovo avviso: “L’azienda ha implementato la direttiva e l’accesso a Facebook e Facebook Messenger è stato sospeso”, ha dichiarato in una nota l’unità Eswatini di Mtn Group. “Continueremo a impegnarci con le parti interessate per ridurre al minimo l’impatto e la durata dell’interruzione del servizio” ha aggiunto, senza dire perché gli era stato detto di sospendere l’accesso al gigante dei social media. Questa mattina alle ore 7 a Mbabane un autobus pieno di lavoratori è stato preso di mira dai gas lacrimogeni e dai proiettili di gomma dell’esercito. A mezzogiorno internet è andato completamente offline, il che rende molto difficile il verificare le informazioni e, localmente, fare la conta dei morti e dei feriti e contattare parenti e amici per avere rassicurazioni. Alle 13 un liceo di Mbabane ha preso fuoco.

Le proteste sono divampate di recente, dopo che già a giugno, nelle maggiori città di Manzini e Mbabane, i manifestanti avevano saccheggiato negozi e distrutto proprietà commerciali: l’annullamento di nuove manifestazioni, decretato dal governo, ha esacerbato gli animi.

La situazione è talmente tesa che sabato 16 ottobre il governo ha annunciato la chiusura delle scuole a tempo indeterminato: secondo gli attivisti per la democrazia, l’esercito e la polizia sono stati schierati nelle scuole questa settimana e diversi studenti sono stati arrestati. Il giorno prima, venerdì 15 ottobre, il governo aveva sospeso l’erogazione di internet per due ore mentre migliaia di manifestanti marciavano a piedi contro la capitale: le immagini delle proteste e i video delle violenze in divisa che circolavano sui social media, comprese le testimonianze di due uomini che accusavano la polizia di sparare proiettili veri, rischiavano di provocare oltremodo la folla, secondo il governo. La chiusura di Internet ha bloccato completamente i social media per due ore e in seguito ha provocato il rallentamento di molti servizi online: la situazione si è quasi normalizzata solo nella giornata di sabato.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, che attualmente presiede l’organo di sicurezza della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc), ha ordinato ad alcuni funzionari di volare a Eswatini per incontrare il re Mswati III e discutere di “sicurezza e sviluppi politici”. Nella notte di mercoledì 21 ottobre a Mbabane si sono sentiti spari e il sindacato dei funzionari pubblici Napsawu ha detto che almeno un uomo è stato ucciso: “L’esercito e la polizia hanno ucciso una persona verso le 15:00 di oggi” ha detto all’agenzia di stampa Afp Oscar Nkambule, il presidente del sindacato. 50 dei membri del Napsawu sono stati portati, nella giornata di ieri, all’ospedale di Mbabane, con altri 30 ricoverati nell’ospedale della città di Manzini, tra cui alcuni con ferite da arma da fuoco.

Ieri centinaia di soldati e poliziotti hanno pattugliato le città di eSwatini, lanciando lacrimogeni e disperdendo anche piccole folle e gruppi di persone.

Re Mswati III guida l’eSwatini dal 1986 e possiede azioni in tutte le telecomunicazioni del Paese, che di fatto sono controllate direttamente dal sovrano. È criticato dai suoi sudditi per aver condurre, e mostrare, uno stile di vita sontuoso in uno dei Paesi più poveri del mondo ed è anche accusato di soffocare i partiti politici e reprimere il dissenso: il re ha accusato i manifestanti di privare i bambini della loro istruzione partecipando alle proteste. 

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