Mali: Goita fa il complottista, Paese “vittima di agende esterne”

di claudia

Il presidente della transizione del Mali, colonnello Assimi Goita, che guida la giunta militare del Paese, ha avviato ieri i lavori dell’ultima fase del Dialogo intermaliano per la pace e riconciliazione, presso il Bamako International Conference Center. Il dialogo, voluto dalla giunta militare, è stato presentato come un processo nazionale in contrapposizione al defunto accordo di pace del 2015, firmato con i gruppi armati Touareg operanti nel nord del Paese, sotto l’egida della mediazione internazionale.

Senza citare la Francia, tradizionale capro espiatorio del regime di transizione, né l’Algeria, che ha guidato la mediazione internazionale per l’accordo del 2015, Goita ha detto che esiste “un’agenda contraria agli interessi del popolo maliano”, una situazione di insicurezza e criticità economiche che Goita sostiene non siano dipendenti dal governo: “Eravamo stati ridotti ad essere osservatori del martirio del nostro popolo, per ragioni economiche e geostrategiche alle quali eravamo totalmente estranei”.

Goita ha parlato anche delle soluzioni della comunità internazionale, che a suo avviso “hanno contribuito ad ampliare le aree di tensione fino a interessare gran parte del territorio. Quel che è peggio, sembra che le misure adottate contro il terrorismo rispondessero ad un programma contrario agli interessi del popolo maliano” ragion per cui “in uno slancio di dignità, il popolo maliano ha deciso di riprendere in mano il proprio destino e riconquistare tutto il proprio territorio” ha detto, riferendosi alla vittoria dell’esercito maliano e di Wagner lo scorso novembre nella roccaforte di gruppi ribelli a Kidal.

3.000 partecipanti, provenienti da tutto il Mali, discuteranno fino a venerdì 10 maggio per finalizzare le loro proposte ma questo processo di dialogo apparentemente è molto poco inclusivo: i ribelli del nord che hanno firmato l’accordo del 2015 sono rimasti esclusi, così come gli jihadisti di Jnim, mentre i partiti politici maliani le cui attività sono state sospese il mese scorso stanno boicottando interamente il processo di dialogo

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