Malawi, un Paese paralizzato dal colera

di claudia

di Valentina Milani

L’epidemia di colera in corso in Malawi non si ferma e sta paralizzando un Paese già alle prese con povertà, fame e altre malattie. Questa settimana le scuole del centro di Blantyre e della capitale Lilongwe sono state costrette a chiudere perché i decessi per colera hanno superato le 600 unità. Dalla stampa locale si apprende che anche i mercati sono stati chiusi a Blantyre, mentre la vendita di cibo nei mercati e nelle scuole è stata completamente chiusa a livello nazionale.

Finora il Paese ha registrato 18.676 casi di colera e 625 decessi. Circa 882 pazienti sono ancora nei centri di cura. Il colera, una malattia diarroica acuta causata da un’infezione dell’intestino, può portare a una grave disidratazione e alla morte se non trattata.

Nonostante una combinazione di interventi, tra cui una campagna di vaccinazione iniziata lo scorso maggio, l’epidemia ha continuato a diffondersi nel Paese e ora ha colpito tutti i 28 distretti. “I casi sono in aumento e gli sforzi per vaccinare il maggior numero possibile di persone sono ostacolati dalla resistenza e dai miti di alcune comunità”, ha dichiarato il ministro della Salute Khumbize Chiponda.

Gli esperti sanitari sono particolarmente preoccupati per l’impatto che l’epidemia avrà sulle persone vulnerabili della comunità, in particolare sulle madri in gravidanza e in allattamento.

Nel frattempo alcuni osservatori iniziano a manifestare i propri dubbi circa la gestione dei focolai da parte delle autorità. “La maggior parte delle persone colpite dall’epidemia sono i poveri che hanno perso tutti i mezzi per guadagnarsi da vivere. Il governo avrebbe dovuto gestire meglio la crisi”, ha dichiarato all’Agenzia Anadolu John Kapito, direttore esecutivo dell’Associazione dei consumatori del Malawi.

Secondo il ministro della Sanità, invece, ad ostacolare il contenimento della malattia sono anche “le credenze religiose che contribuiscono a far arrivare in ritardo le persone ai centri sanitari e questo porta a un’ulteriore diffusione della malattia”.

Foto di apertura: Kendra Helmer, USAID da Pixnio

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