Libia, dieci anni fa veniva ucciso a Sirte Muammar Gheddafi

di claudia

Il 20 ottobre di dieci anni fa, dopo otto mesi di guerra civile, moriva il leader libico Muammar Gheddafi, catturato e ucciso dai ribelli vicino a Sirte, sua città natale. Gheddafi comandava la Libia dal 1969, anno del colpo di Stato contro la monarchia, ma nel 2011 il suo dominio quarantennale si scontrò con le rivolte popolari che chiedevano un cambiamento della classe politica in tutto il nord Africa.

Le proteste in Libia, partite dalla Cirenaica, si trasformarono ben presto in una guerra civile. Quando Gheddafi sembrò sul punto di riprendere il controllo del Paese i ribelli furono sostenuti da un intervento militare promosso da Francia e Inghilterra e a cui partecipò anche l’Italia, sotto l’egida della Nato.

Grazie ai bombardamenti le città ancora controllate dal regime caddero una dopo l’altra e ad agosto Gheddafi con la sua famiglia lasciò Tripoli per rifugiarsi a Sirte. Da qui, due mesi dopo, assediato dai ribelli il rais decise probabilmente di scappare all’estero, attraverso il deserto, ma venne localizzato dopo avere acceso un cellulare.

Il convoglio di pickup su cui viaggiava fu trovato da droni statunitensi e colpito da aerei francesi. Gheddafi, ferito, si rifugiò in un canale di scolo alla periferia della città. Qui venne picchiato e torturato da un gruppo di ribelli e i suoi ultimi istanti prima di morire furono ripresi da diversi telefonini. Su chi effettivamente premette il grilletto c’è ancora del mistero. C’è chi crede si sia trattato di alcuni infiltrati nel manipolo di libici che lo catturò e chi parla perfino di una mano francese dietro l’uccisione dell’ex rais per non farlo diventare un prigioniero scomodo. Il corpo di Gheddafi, prima esposto, fu poi seppellito in una località sconosciuta.

Il 23 ottobre 2011, tre giorni dopo, a Bengasi i ribelli proclamarono la vittoria e la liberazione del Paese. L’uccisione di Gheddafi però per la Libia significa tutt’altro che pace e liberazione. Negli ultimi 10 anni dalla morte di Muammar Gheddafi, il Paese ha attraversato diverse e complicate fasi. Crebbe molto l’importanza delle milizie e dalle elezioni del 2014 il Paese si spaccò politicamente in due, tra Tripoli e Tobruk, nell’est, con due governi e due parlamenti.

Tra il 2018 e il 2019 la Libia ha visto un’altra escalation quando il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica che aveva combattuto i jihadisti negli anni precedenti, tentò, fallendo, la riunificazione del Paese con le armi, avanzando verso Tripoli.

Dal marzo scorso il Paese, grazie agli sforzi delle Nazioni Unite e degli inviati speciali ha finalmente un nuovo governo di transizione a Tripoli, e ha intrapreso una roadmap per l’unificazione delle istituzioni tramite elezioni legislative e presidenziali, non senza problemi.

Il Governo, guidato da Abdul Hamid Dbeibah, è infatti spesso ostacolato, se non addirittura sfiduciato, da buona parte della Camera dei rappresentanti del parlamento. L’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative previste per dicembre promette però un miglioramento della situazione del Paese. Sono in molti a sperare che il voto del 24 dicembre porti alla stabilità politica e a una maggiore sicurezza dopo un decennio travagliato.

Il nome di Gheddafi è però ancora piuttosto pesante. Qualche settimana fa è stato liberato Saadi, uno dei figli dell’ex rais con un passato da calciatore in Italia, nel mezzo di un processo di riconciliazione nazionale. Più problematica è la figura del figlio maggiore di Gheddafi, Saif al-Islam Gheddafi, prima condannato e imprigionato e ora libero, che potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali, godendo di un ampio sostegno popolare. Alcuni sondaggi lo danno tra i favoriti. 

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