Fauna | Il business dei falsi santuari

di AFRICA

Durante i viaggi, soprattutto in posti esotici e tropicali, capita spesso di avere l’opportunità di interagire direttamente con gli animali selvatici tenuti in cattività. Leoni, scimmie, iguane, pappagalli…
Uno dei casi ormai più noti è quello dei cuccioli di felini che vengono fatti accarezzare in strutture turistiche (falsi santuari) e che poi, appena cresciuti, sono dati in pasto come oggetti a riserve private in cui altri turisti li uccideranno e porteranno a casa come trofei.

Selfie tourism 

La World Animal Protection da anni denuncia il selfie tourism e sottolinea come questo tipo di turismo sia insostenibile, in termini di benessere animale come in ambito conservazionistico. Il Department of Agriculture, Foresty & Fisheries ha dichiarato 297 allevamenti di leoni sul territorio sudafricano. 8000 leoni vivono in cattività, solo in Sudafrica, per il terribile business dei falsi santuari. Questi leoni vengono fatti nascere, poi allevati, quindi abituati all’uomo, spacciati per orfani e fatti allattare da turisti e volontari che spendono migliaia di dollari per poterli coccolare. Una volta giovani, dal biberon si passa alle camminate: ecco il business dei finti santuari che promuovono le cosiddette lion walk, camminate con i leoni per ingenui turisti che credono che questo serva all’animale, forse dimenticandosi della vera natura del leone e lasciandosi ammaliare da racconti che però niente hanno a che vedere con la conservazione. Le leonesse poi vengono usate per la riproduzione e quando non servono più, insieme agli individui maschi, vengono portate nelle riserve private. E qui il cerchio si chiude: ricchi turisti da tutto il mondo arrivano e pagano per uccidere i leoni e portarsi a casa i trofei.

Dal biberon al fucile

Questa caccia è conosciuta con il nome di canned hunt: dal biberon al fucile. Secondo i ricercatori, pochissimi programmi di reintroduzione in natura di leoni hanno avuto successo con i leoni allevati in cattività in Sudafrica. Ricordandoci che interagire con un animale selvatico, anche se in cattività, è una cosa innaturale, ecco come funziona la canned hunt:

• I cuccioli vengono separati dalle loro madri a pochi giorni di vita. Ciò provoca uno stress estremo sia per la madre che per i cuccioli. Questo è l’unico modo per far imprintare i cuccioli sull’uomo, abituandoli a noi e snaturalizzandoli.
• In altri casi, la madre avrebbe potuto essere precedentemente anche lei un “cucciolo da coccole” presso la struttura. In questo caso, viene utilizzata per produrre da due a tre cucciolate in un anno. Un processo estremamente innaturale che causa un’enorme sofferenza (una leonessa in natura si riproduce solo ogni 2-3 anni).
• I cuccioli sono abituati ad essere accarezzati e a farsi fotografare dai turisti. Non viene presa in considerazione la salute del cucciolo, il suo bisogno di stare con la mamma o il fatto che possano effettivamente soffrire il processo innaturale di interazione con il turista.
• I grandi predatori, come i leoni e le tigri, sono spesso sedati durante le visite turistiche, così che le foto possano essere scattate da vicino mentre li si coccola o addirittura ci si sdraia sopra.

Il business dei falsi santuari

Purtroppo lo sfruttamento degli animali selvatici per turismo è comune in tutto il mondo. Ma come riconoscere un falso santuario? Molte strutture turistiche che ospitano animali selvatici utilizzano in maniera impropria il termine “santuario”. Secondo la Global Federation of Animal Sanctuaries, un santuario è «una struttura che fornisce un rifugio sicuro temporaneo o permanente agli animali recuperati nel rispetto di determinati principi».
In questo senso si usa l’espressione “falso santuario” per indicare tutte quelle strutture che si vendono alle persone per quello che non sono. Spesso i centri turistici utilizzano gli animali semplicemente per business, senza preoccuparsi realmente della conservazione delle specie e del benessere del singolo individuo recuperato (o peggio allevato solamente per scopi ricreativi). Le strutture realmente valide dal punto di vista etico e scientifico sono quelle che impediscono ogni forma di interazione (ad esempio toccare o stare a stretto contatto) tra turista/volontario e animali ospitati. Le interazioni di questo tipo sono sbagliate per diversi motivi: etici, etologici ed educativi. Sebbene un animale non possa essere liberato in natura, l’interazione con l’essere umano è un comportamento innaturale che non fa parte del suo repertorio comportamentale e che pertanto è un abuso.

(Chiara Grasso)

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