04/04/14 – Africa – Vertice Europa-Africa: impegni rinnovati e questioni irrisolte

di AFRICA

 

“L’Africa è un continente aperto, pieno di opportunità, ma le opportunità non sono abbastanza” se non sono sfruttate: le parole di Nkosazana Dlamini-Zuma, presidente della Commissione dell’Unione Africana, riassumono bene le sfide che il quarto vertice tra Unione Europea e Africa, intitolato “Investire nelle persone, nella prosperità e nella pace” e terminato ieri a Bruxelles, ha dovuto affrontare. Per gli oltre 60 capi di Stato e di governo e le più di 90 delegazioni partecipanti, in gioco c’era il rapporto tra due continenti che, nei quattro anni trascorsi dall’ultimo incontro, quello di Tripoli nel 2010, si sono trovati alle prese con sviluppi quasi speculari. Se l’Africa “ha sperimentato una crescita economica notevole”, come si legge nel documento finale del summit, i progressi fatti per quanto riguarda “la democrazia, la governance e i diritti umani”, restano “da consolidare”. L’Europa ha invece rafforzato le sue istituzioni, ma non ha ancora concluso il difficile percorso di uscita dalla crisi economica.AfricaEuropa

Pur nella loro differenza, Africa ed Europa restano strettamente legate e “complementari”, ha sostenuto ancora Nkosazana Dlamini-Zuma, invitando l’Unione Europea e il continente africano a sfruttare questa caratteristica in tutti i campi: dall’agricoltura, settore in cui l’Africa possiede “il 60% della terra arabile ancora disponibile nel mondo” e l’Europa competenze importanti per il suo sfruttamento, alla formazione di giovani professionisti africani, passando per infrastrutture, turismo, commercio ed energia. Proprio su questa possibilità, però, alcuni osservatori erano meno ottimisti: “fatti i discorsi, vedremo i risultati”, è stata una frase molto ripetuta nei corridoi del Justus Lipsius, il palazzo sede del vertice. E i risultati, almeno dal punto di vista economico, dicono che è l’Europa ad aver preso gli impegni di spesa: 3 miliardi di euro in 7 anni per l’agricoltura, 1 miliardo per l’integrazione panafricana e 350 milioni in borse di studio per studenti e ricercatori africani. In tutto saranno 28 i miliardi di euro che l’UE destinerà all’Africa tra 2014 e 2020, a cui andranno aggiunti quelli stanziati dai singoli Stati per la cooperazione bilaterale.

Nei giorni che hanno visto il lancio della missione europea Eufor in Repubblica Centrafricana – 800 uomini con un mandato di 6 mesi, sotto il comando del generale Philippe Pontiès – è stato ribadito che fondi europei arriveranno anche nel settore della sicurezza: in questo campo l’Africa, ha riconosciuto il presidente di turno dell’UA, il mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz, ha ancora “un deficit operativo e logistico”. Sarà infatti l’Unione Europea a stanziare750 milioni di euro per l’African Peace Facility, mentre 17 mila soldati africani saranno addestrati grazie all’UE fino al 2016 in Somalia, in Repubblica Democratica del Congo, in Libia, in Mali e nel Sahel. Una regione, questa, al centro dei lavori anche per un secondo motivo: le “tragedie della migrazione” che il summit si è impegnato a prevenire.

I cinque punti della “dichiarazione sulle migrazioni e la mobilità” su cui si è raggiunto un accordo prevedono la lotta al traffico di persone e all’immigrazione irregolare, oltre al rafforzamento del nesso tra migrazioni e sviluppo, riducendo i costi per l’invio di rimesse dall’estero e migliorando i meccanismi per il coinvolgimento politico delle diaspore africane. Il documento cita anche la necessità di organizzare meglio la migrazione legale e l’intenzione di migliorare la protezione internazionale di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati, ma la sua applicazione dipenderà di fatto dalle politiche migratorie dei singoli Stati. Alle migrazioni (e alla pace) è legata anche la questione dei rapporti economici: su nessuna delle due questioni – è stato il riconoscimento comune – possono esserci progressi definitivi se non le si affronta insieme a quella dello sviluppo. Ma anche fronte a un’Africa che attira sempre più l’interesse di grandi e medie potenze politiche – Cina, India, Giappone e Brasile sono in prima linea – non sarebbe stato possibile lasciare sullo sfondo l’economia.

L’UE, attraverso il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, e quello della Commissione, José Manuel Barroso, ha ricordato che l’Europa rimane il primo partner dell’Africa in termini di commerci, sviluppo e investimento, e ribadito gli sforzi già compiuti. Ma proprio in questo ambito c’è stato il disaccordo più forte: le righe della dichiarazione finale dedicate all’accelerazione della creazione di una zona di libero scambio continentale in Africa non possono lasciare in ombra il fatto che sugli accordi di partenariato economico (Epa) le posizioni restano distanti e i negoziati non sono conclusi. L’opposizione della Nigeria aveva portato prima del summit al rinvio della firma dell’intesa tra UE e Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas – Cedeao), e il tema è rimasto di fatto irrisolto: alla promozione del libero commercio l’Europa destinerà 844 milioni di euro in sette anni, ma nel corso del summit – ha ammesso lo stesso Barroso – “si poteva fare di più e meglio” sugli Epa, nonostante alcuni “progressi”.

Rinviata – alla conferenza di Parigi del 2015 – anche la questione di come affrontare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, un piano su cui gli interessi dell’Europa industrializzata e dell’Africa in crescita restano differenti: l’unico impegno è quello a cercare un accordo “legalmente vincolante” in vista del prossimo anno, ma con la prospettiva che entri in vigore solo entro il 2020. Con ogni probabilità, è questa un’altra delle questioni che dovranno essere affrontate anche nel prossimo vertice, il quinto, annunciato per il 2017 in Africa. * Davide Maggiore – Atlasweb

 

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