10/10/13 – Tunisia – Nasce sindacato rapper, in difesa della libertà

di AFRICA

 

Per avere cantato, davanti ad un pubblico di villegianti, ”No pasaran’, un brano ”contro” il potere, quale che ne sia il volto, un rapper tunisino, Klay BBJ, sta scontando sei mesi di reclusione in un carcere tunisino, alla stregua dei detenuti comuni con i quali non ha niente a che spartire. Klay BBJ è solo l’ultimo degli artisti tunisini che con il rap vogliono dire la loro in una società che è ben diversa da quella sognata con la caduta del regime di Ben Ali. E per questo hanno deciso di unirsi, di darsi forza costituendo, ed è il primo caso al mondo, un sindacato.

La Tunisia del ”post-rivoluzione” è un Paese controverso, dove anche cantare può diventare un pericolo, così come girare un film o un documentario che va al di là dei confini imposti da una morale spesso di facciata. Ma se il messaggio dei rapper, per definizione diretto e senza filtri, giunge al cuore del Palazzo ecco scattare la reazione. Klay BBJ è un ex pugile (quel ‘Klay’ è in onore di Mohamed Ali), approdato al rap dopo un difficile percorso personale, ed è finito in galera per un brano cantato lo scorso agosto ad Hammamet. La stessa sorte toccata ad un altro rapper, anch’egli molto famoso in Tunisia, Weld el 15, e pure lui punito per avere cantato la ribellione dei giovani verso un mondo che a loro non offre null’altro che gustificata rabbia.

La costituzione di un sindacato, nato sotto l’egida della Cgl (non certo la centrale sindacale più importante del Paese) con la tutela del lavoro ha ben poco a che spartire. Ma è un segnale – che solo il tempo dirà se e quanto forte – verso il Palazzo, che sembra non accettare le critiche, da qualsiasi parte esse arrivino, ma soprattutto se chiedono che la società cambi. Klay BBJ, 22 anni, è passato dai palchi infuocati tunisini alla prigione, catapultato in una dimensione per lui assurda.

Non solo ha trascorso le prime settimane in una cella con altri 145 detenuti comuni, quanto è stato trasferito da una prigione ad un altra senza alcun apparente motivo, perchè tali spostamenti avvengono o su richiesta della famiglia o per risse dentro le celle. Lui, dice il suo avvocato, non ha fatto nè l’una, nè s’è reso protagonista delle altre. Spostamenti che sembrano punitivi solo per avere espresso la sua rabbia.

Non sono un criminale, ha fatto sapere il giovane rapper dalla prigione di Mornaguia, ho solo esercitato il mio diritto ad avere una differente opinione. E forse questo, oggi, in Tunisia è un reato. * Diego Minuti – (ANSAmed).

 

Condividi

Altre letture correlate:

Lascia un commento

Accetto la Privacy Policy

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.