Troppi leoni, serve il controllo delle nascite

di claudia
leoni

In Sudafrica le riserve private ricorrono alla sterilizzazione per equilibrare la crescita della popolazione dei grandi felini. Mentre nel resto del mondo la popolazione leonina è in calo, in Sudafrica invece aumenta di anno in anno: sono, oggi, circa 3.500 esemplari, il 17% del totale mondiale, di cui 700 vivono in piccole riserve. Numeri che hanno spinto i gestori a praticare il controllo delle nascite

di Sofia Christensen – foto di Wikus de Wet / Afp

Stesa sul lettino, una giovane leonessa sta per essere sterilizzata dalla dottoressa Debbie English. «È per impedire l’accoppiamento con il padre e gli zii, gli unici tre maschi selvatici rimasti nella piccola riserva in cui vive», spiega la chirurga. Siamo al Provet Wildlife Services & Animal Hospital, clinica veterinaria della città di Hoedspruit, nella provincia del Limpopo. Qui si applica il piano nazionale per il controllo delle nascite dei grandi felini. I leoni selvatici (Panthera leo) a livello globale stanno scomparendo rapidamente, ma il Sudafrica vanta una popolazione numerosa – e in crescita: ne ospita circa 3.500 esemplari, pari al 17% del totale mondiale, di cui ben 700 vivono in piccole riserve private.

La gestione dei branchi

I leoni sono organizzati in branchi che normalmente vanno da tre individui a una dozzina, ma che in casi eccezionali possono superare la trentina. Le aree di conservazione devono gestire con attenzione i propri branchi, per evitare problemi di sovrappopolazione e consanguineità. «In circostanze normali, questo non accadrebbe perché i maschi dominanti sarebbero periodicamente sostituiti da altri maschi più giovani e più forti», spiega Kevin Leo-Smith, con le mani sul volante di un veicolo da safari. «E questa lotta per la supremazia del branco consente in natura di mantenere la popolazione costante».

Chiarisce Gianni Bauce, esperto di fauna africana: «Quando un maschio rivale sfida il maschio dominante e lo sconfigge, assume il “comando” del branco e la prima cosa che fa è uccidere tutti i cuccioli sotto l’anno di età, talvolta scontrandosi violentemente con le madri che tentano di difenderli. È un istinto indotto per privilegiare la propagazione dei geni migliori. Il leone vincente risulta infatti il “campione” e, proprio perché ha prevalso sul maschio precedente, risulta migliore di lui e di conseguenza i suoi geni saranno migliori. Allevare la prole altrui, attendere lo svezzamento dei cuccioli di un altro padre e l’entrata “in calore” delle femmine (che avverrà soltanto molto dopo lo svezzamento) implicherebbe un inutile dispendio di energie non contemplato dalla natura. L’eliminazione dei cuccioli provoca immediatamente l’estro nelle femmine e al nuovo leone vincente sarà garantito il massimo delle opportunità per tramandare i propri geni».

Nelle grandi riserve, i leoni vagano per vaste aree di terreno, fino a 12.000 ettari. Solo i più forti sopravvivono, poiché i capibranco combattono per il territorio e competono con altri predatori per il cibo. La natura fa il suo corso, si autoregola secondo leggi che possono apparire spietate, ma che in realtà tengono gli ecosistemi in equilibrio. Finché non interviene l’uomo.

Cattura a fin di bene

I nove leoni della riserva di caccia di Rietspruit hanno ben poco da temere. Le antilopi abbondano e ci sono pochi rivali (iene, leopardi o ghepardi). Gli unici tre maschi sono fratelli inseparabili che si alternano allegramente con le femmine. «Il problema più grande è la diversità genetica», illustra Leo-Smith. «In alcune riserve, quando le femmine entrano in calore non hanno alternativa che accoppiarsi con il proprio padre, spesso l’unico maschio presente. Per prevenire questo bisogna intervenire. E poi i leoni si riproducono troppo velocemente». Lasciati soli in un ambiente così ricco, senza minacce, si moltiplicano in fretta e si spostano negli allevamenti vicini. «Nella nostra riserva possiamo ospitare al massimo nove esemplari. Per questo motivo abbiamo già dovuto sottoporre la leonessa più grande alla sterilizzazione. Ora tocca ad una delle sue quattro figlie, che sta entrando nell’età dell’accoppiamento».

Il veterinario Peter Rogers, esperto di fauna selvatica, arma il suo fucile e lo punta verso le quattro giovani leonesse elegantemente distese con la madre all’ombra di un albero. Fissa il bersaglio e preme il grilletto. Una leonessa è colpita dal proiettile anestetizzante. Il suo ruggito spaventato si affievolisce mentre la siringa dal tappo rosso si svuota nel suo collo. Il resto del branco si è allontanato. Rogers si avvicina al felino addormentato e si mette al lavoro aiutato dai ranger. La squadra si muove rapidamente tenendo sempre d’occhio le vicinanze. Gli uomini bendano la leonessa, le inseriscono in corpo un ago collegato a una flebo e sollevano la bestia da 140 chilogrammi per posarla delicatamente nel cassone di un furgoncino. «È davvero grande!», esclama il veterinario, sbuffando mentre salta sul sedile anteriore e lanciando un’occhiata alla leonessa addormentata dietro di lui. Il veicolo sfreccia per la riserva, sollevando nuvole di polvere rossa, diretto alla clinica veterinaria.

Crescita sostenibile

L’operazione dura quasi quattro ore, complicata dall’intestino gonfio della leonessa. «Avevano appena mangiato una zebra, quindi… aveva lo stomaco pieno e ciò ha reso l’operazione molto più difficile», commenta Rogers, in piedi preso il recinto dove l’animale, intontito dall’anestetico, si è svegliato con conati di vomito. «È una tecnica molto invasiva», ammette l’uomo. «Ma è necessaria per assicurare una crescita sostenibile della popolazione felina».

Proprietari e gestori delle piccole riserve sudafricane hanno creato il Lion Management Forum South Africa (Limf), che dal 2010 supervisiona circa 700 leoni presenti in 59 riserve private. Obiettivo: controllare i tassi di riproduzione attraverso la sterilizzazione delle femmine e lo spostamento dei maschi. La popolazione mondiale dei leoni negli ultimi due decenni era diminuita del 43%, facendo temere il peggio. Ma in Sudafrica un’attenta gestione delle aree di conservazione ha permesso alla popolazione dei grandi felini di crescere a un tasso del 2% l’anno. «Se non intervenissimo… la popolazione aumenterebbe del 22% l’anno», spiega il presidente del Limf, Sam Ferreira. «Ad alcuni questa crescita esponenziale sembrerebbe una bella notizia, ma il problema è che non avremmo spazio a sufficienza qui in Sudafrica per ospitare tutti questi leoni».

Questo articolo è uscito sul numero 2/2022 della Rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.

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