Somalia: al-Shabaab, una presenza ancora forte

di claudia
miliziani del gruppo jihadista al Shabaab

Al-Shabaab è ancora una presenza forte in Somalia. Controlla più zone del territorio dove impone una propria tassazione, proprie norme e da dove lancia continui attacchi alle fragili istituzioni del Paese. È questo il quadro tracciato da Marco Di Liddo, analista di Cesi (Centro studi internazionali sulla presenza nel Corno d’Africa dell’organizzazione jihadista legata ad al-Qaeda.

di Enrico Casale

Al-Shabaab quale ideologia promuove?

“Al-Shabaab, come tutti i ‘consociati’ del network di al-Qaeda, soprattutto in Africa, sposa una visione radicale e violenta dell’islamismo, direi la più radicale e la più violenta dell’islamismo politico. Si propongono di trasformare la Somalia in un emirato islamico retto dalla sharia, la legge islamica. Una sharia interpretata in modo estremamente conservatore e retrogrado. Per raggiungere questo obiettivo, ovviamente, è previsto l’utilizzo della violenza e del terrorismo come arma di guerra e strumento politico”.

In passato, alcuni analisti sostenevano che al-Shabaab fosse portatore anche di una visione nazionalistica. È un’interpretazione ancora valida?

“Al-Shabaab è il frutto del suo territorio e quindi ha in sé peculiarità etniche e culturali tipicamente somale. Come altri gruppi jihadisti inevitabilmente risente di quello che è il portato culturale e delle tradizioni del Paese in cui si trova. A ciò va aggiunto che al-Shabaab ha sempre usato una retorica disegnata e cucita addosso alla Somalia e addosso ai somali. Non è un caso che, oltre che in Somalia, il gruppo è attivo anche nelle regioni orientali dell’Etiopia (Somali Region) e in quelle nel nord del Kenya (Oltregiuba). Regioni, appunto, dove vivono consistenti minoranze somale. La connotazione nazionalista, in realtà, non va oltre questo livello. Anzi, su altri aspetti al-Shabaab è profondamente antinazionalista. Basti pensare all’atteggiamento duro del gruppo nei confronti dei clan, che sono i pilastri della società somala. La Somalia si regge e si è sempre retta sui rapporti di potere, sugli equilibri, sulle contrattazioni sui negoziati tra i clan. Al-Shabaab, almeno dal punto di vista ideologico, cerca di superare questa logica dicendo che tutti i musulmani sono uguali, non ci sono distinzioni tra gruppi sociali e le politiche discriminatorie basate sull’appartenenza a una piuttosto che a un’altra cabila sono da condannare. Al-Shabaab non fa quindi discriminazioni sull’elemento clanico, sull’appartenenza di sangue, le fa invece su base religiosa. I miliziani jihadisti dividono i veri musulmani dai non credenti o dagli apostati che sono, sostanzialmente, tutti quelli che non condividono la loro visione estrema dell’Islam”.

In quali zone l’organizzazione è più forte?

“Al-Shabaab ha le proprie basi più importanti nel Sud e nel Centro-Sud del Paese. Mantiene proprie cellule anche nel Centro-Nord. Gruppi legati ad al-Shabaab sono attivi anche a Mogadiscio, la capitale, e si tratta di gruppi bene organizzati e ben radicati perché hanno ancora la capacità di condurre attentati complessi. Basi sono presenti anche nell’Est dell’Etiopia e, soprattutto, nel nord del Kenya, in particolare a Madera e a Nairobi (nel quartiere che chiamano la piccola Mogadiscio che ospita molti immigrati somali)”.

Nonostante abbiano perso i loro capisaldi, rimangono forti anche sulla costa?

“Tra il 2013 e il 2015 sono stati estromessi quasi totalmente dalla capitale e da tutta la fascia costiera, però negli anni successivi sono lentamente tornati e hanno ricostruito una rete di basi grazie alle quali continuano a condurre i loro attentati. Sono riusciti a ritornare sfruttando i conflitti tra clan e partiti politici. Non dobbiamo dimenticarci che in Somalia c’è sempre un gioco sporco tra i clan che, per farsi la guerra o per danneggiarsi a vicenda, scendono a patti con al-Shabaab per colpire i rivali o metterli in difficoltà. È una logica che, negli ultimi anni abbiamo visto anche in Siria”.

Come è organizzata al-Shabaab? Come trova le risorse per portare avanti la propria attività?

“Laddove controlla il territorio, applica una tassazione sulle attività economiche dei villaggi e delle campagne. Sostanzialmente hanno creato un para-Stato o, se vogliamo, si comportano come le grandi organizzazioni criminali che impongono ‘il pizzo»’ dove hanno una presenza radicata sul territorio. Al-Shabaab è poi attiva nei traffici illegali: traffico d’avorio, di qat (le foglioline stupefacenti molto consumate nel Corno d’Africa), carbone di legna, ecc.

È possibile dire quanti siano i miliziani di al-Shabaab?

“Non esistono statistiche esatte ed è anche complicato fare una stima. Organizzazioni come al-Shabaab solitamente si sviluppano su tre livelli. Un nucleo centrale composto da combattenti e miliziani ‘duri e puri’, pienamente coinvolti a livello ideologico e strutturale. Poi c’è un secondo livello di milizie estremiste che hanno collegamenti stretti, ma non sono completamente organiche all’organizzazione, sono un po’ alla periferia dell’organigramma. Infine i ‘compagni di strada’, cioè tutti i poveretti che, per guadagnarsi un tozzo di pane, fanno da bassa manovalanza e quindi vengono ingaggiati o integrati di volta in volta. Fatta questa premessa si può ipotizzare che la forza di al-Shabaab, complessivamente, sia tra i tre e i settemila combattenti su tutti e tre i livelli. Non c’è bisogno di avere tanti uomini per combattere una guerra terroristica come quella che è in corso in Somalia”.

Tra questi quanti potrebbero essere gli stranieri?

“Anche in questo caso una stima non è semplice. Fino a pochi anni fa, al Shabaab attirava molti combattenti stranieri sia dall’Africa sia dal Medio Oriente. Adesso l’appeal è calato e gli stranieri sono decisamente meno e provengono essenzialmente dall’Africa orientale e dallo Yemen. Secondo me, la legione straniera di al-Shabaab non supera oggi le 500 unità”.

Al-Shabaab è una costola di al-Qaida in Somalia, nel Paese è presente anche l’Isis?

“Cellule dello Stato islamico sono presenti nel Nord, nelle regioni del Puntland e del Somaliland. I numeri sono inferiori rispetto a quelli di al-Shabaab. Qui parliamo di una forbice che può andare dagli 800 ai 1.500 combattenti. Sono legati al Califfato, per essere più precisi, sono un sottogruppo dello Stato islamico in Africa centrale, la ‘filiale’ dell’Isis che controlla tutte le attività dello Stato islamico a Sud del Sahel”.

Quali rapporti ci sono con al-Shabaab?

“Le relazioni tra al-Shabaab e Isis Somalia sono di aperto conflitto. Nel dicembre 2018, in un comunicato, al-Shabaab accusava Isis di dividere i mujahidin e compromettere il jihad in Somalia, invitando i propri combattenti “a estirpare una malattia mortale”. Gruppi di miliziani si sono scontrati diverse volte, soprattutto nel nord-est del Paese. Uno scontro che rende ancora più complesso il delicato mosaico somalo”.

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