Salviamo le tartarughe marine

di claudia

Dall’Africa il grido di allarme degli scienziati per la tutela di affascinanti animali a rischio estinzione. Capo Verde, Guinea-Bissau, Senegal, Gabon. Sono alcuni dei Paesi africani visitati ogni anno dalle tartarughe marine, che tornano sempre nelle stesse spiagge per riprodursi. Uno spettacolo straordinario, oggi più che mai minacciato dall’uomo

di Irene Fornasiero

È uno spettacolo commovente, che lascia senza fiato, ma è anche uno dei più ammalianti enigmi della natura. Centinaia di migliaia di tartarughe marine si radunano ogni estate davanti alle spiagge sabbiose dell’Africa per riprodursi e nidificare. Si danno appuntamento nelle acque tiepide e profonde dell’arcipelago di Capo Verde, delle isole Bijagos (in Guinea-Bissau) e delle coste del Gabon. Ma ci sono colonie numerose anche in Mauritania, Senegal, Angola, Mozambico, Somalia e Madagascar. Gli scienziati non sono ancora riusciti a capire quale eccezionale meccanismo permetta alle femmine di tornare sempre alla stessa spiaggia: quella dove sono nate. Sembra che le piccole, appena nate, siano in grado di immagazzinare le coordinate geomagnetiche del nido, consentendo una sorta di imprinting ambientale che permetterebbe loro, una volta adulte, di riconoscere il luogo di origine.

Plastica killer

Appartengono a diverse specie che si differenziano soprattutto per forma, colore e dimensioni (gli adulti possono raggiungere i 140 centimetri di lunghezza per 160 chili di peso): Chelonia mydas (tartaruga verde) e Caretta caretta (tartaruga comune), Lepidochelys olivacea (tartaruga bastarda olivacea), Dermochelys coriacea (tartaruga liuto o “dorso di cuoio”: la più grande del mondo). Come tutti i rettili, sono a sangue freddo, cosa che le porta a prediligere le acque temperate. Ma i loro perpetui spostamenti tra mari e oceani, durante i quali percorrono migliaia di chilometri, restano avvolti nel mistero.

Di loro si sa che trascorrono la maggior parte della vita sott’acqua, dove si muovono a una velocità di 20-35 chilometri orari, ma, essendo dotate di polmoni, devono tornare di tanto in tanto in superficie per respirare. Si nutrono di molluschi, crostacei, pesci e meduse. Ma nei loro stomaci finiscono sempre più spesso sacchetti, buste, tappi, bottiglie di plastica e altri rifiuti inquinanti. Si moltiplicano dappertutto le segnalazioni di tartarughe spiaggiate e in fin di vita. “La popolazione di questi animali sta drammaticamente diminuendo” è l’allarme lanciato da uno studio condotto in Africa dal segretariato per la Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici degli animali selvatici (Cms), collegato al Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Il calo medio della popolazione registrato negli ultimi vent’anni sfiora il 30%. In alcune aree di riproduzione, specie nella costa atlantica, si è giunti oramai al limite dell’estinzione. Tutta colpa dell’uomo.

Seychelles, Curieuse Island, tartaruga gigante a San Jose beach

Senza rispetto

«La plastica prodotta in ogni parte del mondo che finisce nei mari rappresenta la minaccia più pericolosa assieme alle attività dei pescherecci industriali, occidentali e asiatici, che con le loro enormi reti saccheggiano le acque africane», argomenta Jacques Fretey, ricercatore di fama internazionale, tra i massimi studiosi di tartarughe marine. «I risultati del rapporto dovrebbero spronarci tutti a raddoppiare gli sforzi per salvaguardare questi animali indifesi, fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema marino, specie sulle coste dell’Africa, dove mancano controlli e leggi severe a protezione della specie». La preoccupazione è condivisa dai ricercatori del progetto CaboVerde Natura 2000 impegnati a preservare le Caretta caretta, che a Boavista sono di casa. «Le spiagge sabbiose e deserte costituiscono un habitat ideale per la riproduzione e la nidificazione delle testuggini – spiega il biologo spagnolo Luis Felipe Jurado –. Ma la progressiva cementificazione delle coste e l’invadenza dell’uomo ne minacciano seriamente la sopravvivenza». Vallo a spiegare ai turisti che giungono qui ogni estate per vedere le uova delle tartarughe schiudersi, oppure a quelli che sfrecciano coi quad sulle spiagge protette.

Sforzi senegalesi

In Senegal, nell’Area marina protetta di Joal-Fadiouth, due ore a sud di Dakar, i pescatori locali che fino a pochi anni fa catturavano senza ritegno le tartarughe marine oggi sono diventati i loro principali custodi e alleati. «Per decenni abbiamo venduto i loro gusci e ci siamo cibati della loro carne – spiega Gamar Kane, capo dell’associazione di pescatori –, poi abbiamo capito che le tartarughe sono più utili da vive che da morte, perché attirano tanti turisti stranieri. Da giugno a ottobre sbarcano sulle nostre spiagge e incantano i visitatori, che noi possiamo accompagnare con le nostre piroghe alla scoperta del nostro mare così ricco di sorprese».

Una ventina di volontari presidiano i nidi delle tartarughe durante la stagione riproduttiva. Uccelli e lucertole sono sempre in agguato, ma la principale minaccia per questi animali è sempre rappresentata dall’uomo. «Purtroppo non tutti hanno capito il valore della posta in gioco», ammette Charlotte Thomas, responsabile del progetto Oceanium Dakar che da anni opera per tutelare gli habitat marini del Senegal. La cattura delle tartarughe, benché proibita, è ancora un’attività redditizia, il bracconaggio è diffuso. «I gusci sono venduti come souvenir oppure oggetti di arredamento, la carne viene considerata una prelibatezza e alcune parti del corpo, come la coda e gli organi riproduttivi, sono vendute come afrodisiaci o medicinali tradizionali. Resta molto da fare sul fronte della sensibilizzazione. Solo coinvolgendo le popolazioni locali, alleandoci con esse per la salvaguardia dell’ambiente, possiamo vincere assieme questa battaglia».

Un cucciolo di tartaruga appena nato abbandona il nido e si dirige verso il mare. È guidato dall’istinto e minacciato dai predatori. Le uova hanno un’incubazione tra i 42 e i 65 giorni; grazie a meccanismi non ancora chiariti, si schiudono tutte simultaneamente. Giunti in mare, i neonati nuotano per 24 ininterrotte ore per allontanarsi dalla costa (Foto di TONY KARUMBA / AFP)
Tartaruga verde (Chelonia mydas) sotto la superficie dell’acqua al tramonto, Mayotte. Biosphoto / Gabriel Barathieu

(Irene Fornasiero)

Questo articolo è uscito sul numero 6/2020 della rivista. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l‘e-shop

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