Pace nel continente, “occorre lavorare su sviluppo e concetti religiosi errati”

di claudia
africa

di Céline Camoin

Si è appena conclusa a Nouakchott, capitale della Mauritania, una conferenza dedicata alla pace nel continente. Sono emersi tre punti chiave per far uscire l’Africa dai conflitti che attanagliano l’Africa: la messa in discussione di concetti religiosi errati, il dialogo e lo sviluppo.

“Il dialogo deve assumere tre dimensioni: una dimensione che corregga concetti religiosi errati come jihad, el wala (lealtà), el baraa (rinnegamento), takfir (empietà), e altri ancora; una dimensione che coinvolga i mediatori di pace con i leader nella conduzione dei negoziati e nell’instaurazione di riconciliazioni; e una dimensione che si impegni a fare dello sviluppo un obiettivo per affrontare la violenza e l’estremismo realizzando progetti che generano profitto che creano opportunità di lavoro”. È uno dei passaggi conclusivi della terza sessione della “Conferenza Africana per la Pace” tenutasi a Nouakchott (Mauritania) sul tema “Tutti entrano in pace” dal 17 al 19 gennaio, sotto l’alto patrocinio del presidente Mohamed Ould Cheikh Ghazouani, con il degli Emirati Arabi Uniti e sotto la supervisione di Shaykh Abdallah Bin Bayyah, presidente della Conferenza Africana per la Promozione della Pace, Presidente dell’Abu Dhabi Peace Forum.

Centinaia i partecipanti, tra capi di Stato, ministri, rappresentanti di organizzazioni internazionali, capi di organizzazioni islamiche, ambasciatori e rappresentanti di agenzie governative, centri e organizzazioni internazionali, mufti, studiosi, giudici, pensatori/intellettuali, accademici, professionisti dei media, hanno partecipato al convegno. Migliaia di persone hanno inoltre seguito le riunioni, le sessioni e gli atti della Conferenza attraverso piattaforme elettroniche e siti di social media.

“Il nostro continente – si legge nella dichiarazione finale – ha bisogno più di altri in questo momento di una cosa indispensabile, uscire dal ciclo della violenza e fermare le guerre in corso; la ricerca della pace è diventata una necessità assoluta, un dovere urgente. Per questo chiediamo la pace non come una possibilità, ma come una cosa indispensabile”.

I partecipanti evidenziano che i conflitti hanno messo in guardia sull’importanza del dialogo nella risoluzione dei problemi umani in modo che la lingua, invece delle armi, e la parola invece delle pistole, siano uno strumento per risolvere i conflitti e risolvere le controversie. “Tutti si sono resi conto che lo sforzo per stabilire la pace e portare il benessere richiede una consapevolezza e un’allerta sulla priorità della pace e sull’urgenza di fermare lo spargimento di sangue, e lavorare su iniziative volte a svelare i dilemmi e risolvere i problemi che causare instabilità nelle patrie, sia ideologiche che politiche”.

Uno dei motivi più importanti della confusione dei concetti giuridici (religiosi) usati dai discorsi estremisti è la dissociazione tra il discorso degli obblighi giuridici e religiosi e quello degli obblighi dettati dalla realtà, dicono i partecipanti. “Dovremmo lavorare sul radicamento dei concetti religiosi e sulla comunicazione sottile del significato di questi concetti”. 

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