Il sogno africano di Pasolini

di claudia
pasolini

Oggi, 5 marzo 2022 ricorrono i 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, intellettuale visionario e poliedrico che ha avuto con il continente africano una relazione densa di significati. In parte discutibile, in parte profetica

di Stefania Ragusa

Poeta, scrittore, drammaturgo, regista, attore e molto altro, Pier Paolo Pasolini fece numerosi viaggi nel continente africano (Kenya, Uganda, Mali, Tanzania…). Già nel 1958, in chiusura della poesia Frammento alla morte, aveva espresso un urgente, quasi ineluttabile anelito verso quella terra lontana e vicina, che ormai viveva la stagione delle indipendenze: «… ah, il deserto assordato/ dal vento, lo stupendo e immondo/ sole dell’Africa che illumina il mondo./ Africa! Unica mia/ alternativa!».

Mondo idealizzato
L’Africa vagheggiata da Pasolini, quella che emerge da questi versi e poi da lavori “dedicati”, come la sceneggiatura Il padre selvaggio (mai tradotta sullo schermo) o il documentario Appunti per un’Orestiade africana, è rilevante dal punto di vista letterario ma disancorata dalla realtà del continente. Questo va detto.
Pasolini è interessato al dibattito sul panafricanismo e alle istanze del Movimento dei Paesi non allineati. Dichiara che se fosse stato francese avrebbe ambientato Il Vangelo secondo Matteo in Algeria, invece che tra i Sassi di Matera. Tuttavia nella sua rappresentazione dell’Africa non si discosta da uno scenario di maniera, non dissimile da quello delle avanguardie artistiche del Novecento in cerca di ispirazione. La “sua” Africa è il riflesso di quella primitiva, istintiva e sensuale che aveva ispirato Matisse e Picasso. È però dotata di una funzione etica e rivoluzionaria. Filtrata dalla sua concezione epico-religiosa-marxista della storia, rimodellata e squadrata attraverso la critica alla civiltà dei consumi, corrisponde a un bisogno dello scrittore, intento alla ricerca di un altrove arcaico e selvaggio da contrapporre all’Occidente razionale e capitalista, in cui far convergere tutti i Sud del mondo.

I veri rivoluzionari
Il panmeridionalismo pasoliniano, che affonda le radici nell’amore per la cultura contadina e si sviluppa nella consuetudine con il sottoproletariato urbano delle periferie romane e con il Mezzogiorno d’Italia, trova nel sogno africano il momento conclusivo. I popoli africani, considerati arcaici e fuori dalla storia, accomunati dall’essersi appena liberati dal giogo coloniale, diventano gli esponenti di un sottoproletariato universale che, per la propria vitalità e purezza, potrà riuscire dove altri sottoproletariati hanno fallito: costruire una nuova coscienza storica capace di ribaltare i rapporti di forza e cambiare il corso degli eventi.
L’Africa non è dunque solo una fonte di ispirazione o un altrove da contrapporre all’Occidente malato, è il perno geografico della rivoluzione. Ciò emerge con chiarezza nel Padre selvaggio, la storia di un insegnante bianco, alter ego dell’autore, che va nel Congo indipendente per insegnare ai liceali di Kado il valore dell’antiautoritarismo e della libertà. L’obiettivo è triplice: sottrarli al conformismo dell’educazione coloniale; liberarli dalla superstizione e dall’insensatezza delle loro tradizioni; farne degli agenti di trasformazione individuale e collettiva.

Il professore si vede come il mediatore tra i suoi allievi e la libertà, la cultura, la giustizia. Neppure è sfiorato dall’dea di poter essere lui a deporre il proprio sapere, a svuotarsi delle proprie certezze per accogliere qualcosa di inedito. Le intenzioni sono buone, ma l’immagine stereotipata dell’Africa non è messa in discussione. Semplicemente (si fa per dire) si assegna un potenziale positivo a ciò a cui, sino a quel momento, il pensiero dominante aveva attribuito un valore negativo. In realtà, nel 1960, in un’Italia ancora totalmente ignara delle proprie responsabilità coloniali e ammalata di antimeridionalismo, tutto questo non è poco.

Visioni profetiche
Giovanna Trento, una studiosa che al rapporto tra Pasolini e l’Africa ha dedicato un volume qualche anno fa (Pasolini e l’Africa. L’Africa di Pasolini. Panmeridionalismo e rappresentazioni dell’Africa postcoloniale, Mimesis), riconosce questo manierismo. La sua tesi, tuttavia, è che, accanto a una visione eurocentrica, figlia del proprio tempo, Pasolini metta in gioco una serie di elementi visionari e anticipatori, che colpiscono per la loro modernità e il loro coraggio, riguardanti i movimenti migratori e le afrodiscendenze. Per lei Pasolini ha concepito, «avanti coi tempi, un’africanità diasporica, altamente influenzata dalle grandi migrazioni, dalla tratta transatlantica e dai movimenti per i diritti civili degli afroamericani».
Questi elementi si rivelano in diverse poesie degli anni Sessanta. Prendiamo La realtà: «E cerco alleanze che non hanno altra ragione/ d’essere, come rivalsa, o contropartita/ che diversità, mitezza e impotente violenza:/ gli Ebrei… i Negri… ogni umanità bandita…». Ma chi sono «i Negri»? E dove comincia l’Africa? È nella risposta a queste domande che, secondo Trento, si può cogliere la portata della visione pasoliniana: il legame tra africani, afroamericani e diseredati di tutto il Sud del mondo. E questo Sud, spiega il poeta in Appunti per un’Orestiade africana, comincia alla periferia di Roma. Non è delimitato dalla linea del colore né dalle coordinate geografiche, ma dai rapporti di produzione e dalla subalternità.

Il fenomeno migratorio verso l’Italia è anticipato invece da Profezia, testo conosciuto anche come Alì dagli occhi azzurri. Non si può che restare colpiti dalla contemporaneità dei contenuti. «Alì dagli Occhi Azzurri/ uno dei tanti figli di figli,/ scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. /Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini/ e gli occhi di poveri cani dei padri /sulle barche varate nei Regni della Fame./ Porteranno con sé i bambini,/ e il pane e il formaggio, /nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua./ Porteranno le nonne e gli asini, /sulle triremi rubate ai porti coloniali. /Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni,/ vestiti di stracci…».

Il sogno africano e panmeridionalista di Pasolini, quasi superfluo dirlo, non si realizzerà. Ma per chi volesse scrutarlo da vicino c’è un documentario di Gianni Borgna ed Enrico Menduni, Profezia. L’Africa di Pasolini (2013), che ne ricostruisce la genesi, il tramonto e, in linea con la tesi di Trento, la forza anticipatrice.

Questo articolo è uscito sull’ultimo numero della rivista. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.

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