Francia – Assolto il prete ruandese accusato di genocidio

di Enrico Casale
Munyeshyaka

La Corte d’appello di Parigi ha confermato il non luogo a procedere nei confronti di don Munyeshyaka, un sacerdote che da tempo vive in Normandia, accusato di essere coinvolto nel genocidio del 1994 in Ruanda.

Il tribunale ha confermato l’ordine emesso nell’ottobre 2015 dai giudici del pool che si occupa dei crimini contro l’umanità. Secondo i magistrati la passività del sacerdote di fronte ai massacri non poteva essere sufficiente ad accusarlo di «genocidio».

L’ufficio del procuratore di Parigi aveva chiesto il non luogo a procedere per mancanza di prove, dopo indagini durate vent’anni, alimentate da centinaia di testimonianze, oltre che dai viaggi dei giudici e della polizia specializzata. Richiesta accolta dai giudici.

«Prenderemo seriamente in considerazione la possibilità di un appello», ha affermato Alain Gauthier, presidente del Collettivo delle partiti civili del Ruanda.

L’indagine è iniziata con le prime notizie di reato giunte nel 1995 in Francia, dove il sacerdote si era stabilito. Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, che desiderava giudicarlo, aveva affidato la pratica ai tribunali francesi, la cui legge riconosce la giurisdizione universale per i crimini più gravi.

Al momento dei massacri, il sacerdote era vicario della parrocchia della Sacra Famiglia a Kigali, dove arrivavano migliaia di sfollati nel periodo del genocidio che, secondo le Nazioni Unite, uccise circa 800.000 persone tra aprile e luglio 1994, principalmente tra la minoranza Tutsi.

L’accusa dei testimoni più frequenti è stata «la sua mancanza di reazione di fronte a queste atrocità», ma «alcuni testimoni hanno testimoniato un suo contributo attivo agli omicidi perpetrati dagli hutu».

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