Dove Dio è di casa – editoriale Africa n°5-2017

di AFRICA
Dove Dio è di casa – editoriale Africa n°5-2017

di Marco Trovato

In Ruanda ho visto una donna scampata al genocidio intonare una straziante nenia di preghiera nella chiesa crivellata di colpi dov’era stata sterminata la sua famiglia. In Congo ho visto un uomo inginocchiato sulla tomba del suo bambino, bruciato vivo sotto l’accusa di stregoneria lanciata da membri della sua stessa comunità. In Togo ho visto un prete vodù con gli occhi iniettati di sangue azzannare al collo una capra per un sacrificio. In Etiopia ho visto fedeli pregare tutta la notte con litanie ipnotiche fino allo sfinimento, mentre altri battevano la testa contro i muri in segno di espiazione. In Guinea-Bissau ho visto un missionario cattolico rendere omaggio agli spiriti delle isole Bijagos dinanzi a un altare pieno di feticci. In Mali ho visto un gruppo di musulmani uscire dalla moschea e recarsi in riva al Niger per implorare il dio del fiume che rompesse la siccità. In Sudan ho visto i sufi ripetere invocazioni e versetti coranici come mantra e ruotare vorticosamente fino alla trance. In Camerun ho visto un medico ospedaliero chiedere aiuto agli antenati per guarire una malattia incurabile. In Eritrea ho visto cristiani in estasi davanti a un baobab miracoloso. In Uganda ho visto preti brandire crocifissi come spade per cacciare il demonio.

In Africa ho visto innumerevoli gesti di fede: alcuni mi hanno colpito, altri emozionato, altri ancora turbato, indignato oppure sconvolto. Ho cercato di capire, interpretare, ma ho dovuto arrendermi. La razionalità non sa spiegare i misteri accettati da un credente. E in Africa tutti paiono affidare il proprio destino a un’entità trascendente, rivolgendo invocazioni a divinità o spiriti misericordiosi.

La nostra nuova mostra fotografica In God’s Country (“Nella patria di Dio”) è dedicata al complesso – talora controverso – panorama religioso africano. Le immagini che pubblichiamo in anteprima sul nuovo numero della rivista mostrano battesimi, funerali, esorcismi, celebrazioni di massa e intime preghiere; immortalano gesti antichi, sguardi magnetici, riti solenni; sembrano sprigionare un’energia immensa (talora manipolata e distruttiva) che attraversa l’intera Africa. Come ha ricordato il giornalista Pietro Veronese, questo «è un continente di credenti. Dove la fede – nella vita, nel domani, negli spiriti degli antenati e nella volontà di Dio – è più forte, più accettata, più condivisa che ovunque altrove». Più volte mi sono trovato a osservare, affascinato e intimorito, questa forza invisibile che dà senso e ordine alla vita di tanta gente. E, di fronte ai drammi e ai tormenti di cui sono stato testimone, mi sono sorpreso a invidiare i credenti, capaci di mostrare una serenità che io, animo irrequieto e dubbioso, non possiedo. Una volta, in uno slum di Luanda incontrai un uomo a cui le ruspe avevano appena abbattuto la baracca in cui viveva con uno stuolo di bimbi. Tra l’ammasso di lamiere e cartoni lerci andava alla ricerca della sua Bibbia. «Non posso farne a meno – disse –, viviamo nella patria di Dio».

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