Diga del Rinascimento: si discute del piano congolese

di Valentina Milani
Diga del grande rinascimento etiope

Per rilanciare i colloqui sulla Grande diga del millennio, in stallo da oltre un mese, Felix Tshisekedi, presidente della Rd Congo e attuale presidente dell’Unione Africana, ha presentato una nuova proposta, sostenuta da Stati Uniti e Unione Europea. Questo piano prevede un accordo iniziale a breve termine sulla seconda fase di riempimento del bacino della diga e stabilisce che l’Etiopia fornisca informazioni sui tempi di riempimento e sul volume dei flussi d’acqua ai due Paesi a valle.

Mansour Boulad, portavoce del ministero degli Affari esteri sudanese, ha dichiarato alla stampa locale, che il suo Paese sta esaminando l’iniziativa del presidente congolese. Ha aggiunto che il Sudan insiste su una nuova metodologia di negoziazione basata sulla mediazione internazionale.

Egitto e Sudan chiedono un quartetto internazionale per mediare i colloqui composto da Nazioni Unite, Unione europea e Stati Uniti, insieme alla Rd Congo, in qualità di presidente dell’Ua. Da parte sua, l’Etiopia insiste sul fatto che la mediazione dovrebbe essere limitata all’Unione africana.

La portavoce del ministero degli Esteri etiope Dina Mufti ha dichiarato: “Non abbiamo obiezioni alla firma di un accordo globale, ma al momento vogliamo raggiungere un accordo sul secondo riempimento del lago della diga”.

Secondo un comunicato stampa, il Dipartimento di Stato americano ha affermato che “le preoccupazioni dell’Egitto e del Sudan per la sicurezza idrica e la sicurezza e il funzionamento della diga possono essere conciliate con le esigenze di sviluppo dell’Etiopia attraverso negoziati sostanziali e orientati ai risultati tra le parti sotto la guida della Ua, che deve riprendere urgentemente. Gli Stati Uniti si impegnano a fornire supporto politico e tecnico per facilitare un esito positivo”.

La gigantesca diga idroelettrica è stata progettata nel 2011 per fornire all’Etiopia energia per il proprio sviluppo e per l’esportazione nei Paesi confinanti. Egitto e Sudan sono preoccupati perché lo sbarramento rischia di mettere a rischio i flussi idrici indispensabili per la popolazione civile e per le economie dei due Paesi. 

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