Arrestata attivista amazigh, altra scossa tra Algeri e la Cabilia

di Celine Camoin

L’arresto e l’imputazione, in Algeria, di Kamira Nait Sid, copresidente del Consiglio mondiale amazigh (Cma) sta suscitando molte reazioni nel mondo berbero e soprattutto cabilo. Lo stesso Cma, di cui la rivista Africa ha sentito il segretario generale Belcacem Lounes per maggiori informazioni sulla vicenda, denuncia e condanna con forza l’arresto e la “detenzione arbitraria” di Kamira Nait Sid, ma più in generale, “i metodi illegali di sequestro e rapimento utilizzati dai servizi speciali della polizia algerina e dal loro totale disprezzo della legge e della dignità umana”.

Il Cma sostiene infatti che Kamira Nait Sid sia stata sequestrata a casa sua il 24 agosto a Draa-Ben-Khedda, nei pressi di Tizi Ouzou, e tenuta in segreto in custodia, priva di contatto con i famigliari o un avvocato in flagrante violazione del diritto algerino (codice di procedura penale) e convenzioni internazionali ratificate dall’Algeria”, sino al 1° settembre, giorno in cui è comparsa davanti a un giudice istruttore del Tribunale di Sidi M’hamed. In Italia, il partito radicale, il 27 agosto, aveva fatto una dichiarazione, associandosi “alle  richieste del Cma, che rappresenta i diritti delle popolazioni berbere del Nord Africa, affinché le autorità algerine dichiarino apertamente che i servizi segreti del Paese non sono responsabili del rapimento della presidentessa e si impegnino, in tal caso, a chiarire come intendano attivarsi per far fronte alla situazione”.

Contro Kamira Nait Sid sono stati poi formulati otto capi d’accusa, tra cui “l’appartenenza a un’organizzazione terroristica, che mina l’unità nazionale e la sicurezza dello Stato”. Queste accuse si riferiscono all’articolo 87 bis del codice penale che prevede condanne che vanno da 10 anni di reclusione all’ergastolo e alla pena di morte. “Accuse tanto gravi quanto inverosimili contro una responsabile di un’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani conosciuta e riconosciuta a livello internazionale”.

Secondo il giornale Le Matin d’Algérie del 2 settembre un altro attivista amazigh, Abdennour Saidi, sarebbe stato arrestato dagli agenti di sicurezza nei pressi della sua abitazione, nella regione di Tizi Ouzou.

La vicenda riporta l’attenzione le burrascose relazioni che nel tempo si sono venute a creare tra la Cabilia e l’autorità centrale di Algeri. Minoranza forte con cinque milioni di persone, gli amazigh cabili sono concentrati in una regione ben specifica che inizia a 50 km a est d’Algeri, e sono particolarmente legati alla propria identità. “È un popolo a sé stante, con la propria storia, cultura, lingua, tradizione, il proprio stile di vita, un’applicazione della religione musulmana che non è non molto rigorosa. Al contrario, Algeri difende una sua identità araba musulmana e difficilmente accetta una tale diversità”, dice Belcacem Lounes ad Africa.

Se in passato le rivendicazioni per il rispetto della propria identità e delle differenze erano solo semplici richieste, “il sistematico rifiuto da parte di Algeri, anche attraverso la repressione e ostacoli all’espressione di tale cultura – all’espressione musicale, divieto di insegnare la lingua, di indossare l’abito tradizionale cabilo, difficoltà con il fisco, pressione su militanti per l’autoderminazione, ostacoli a investimenti stranieri nella regione – ha esacerbato il movimento”, spiega il segretario generale del Cma, docente di economia.

Ad aprile, la Cabilia ha ricordato il ventesimo anniversario della “primavera nera”, quando proteste popolari a seguito della morte di un giovane colpito da una raffica di pallottole all’interno di un commissariato furono represse nel sangue dalle forze dell’ordine. Il bilancio fu tragico, con 126 morti e migliaia di feriti. Dopo la primavera nera la contestazione cabila ha preso un’altra dimensione, ed è in tale contesto che è nato il Mak (oggi Mouvement pour l’autodétermination de la Kabilye, movimento per l’autodeterminazione della Cabila) che Algeri ha dichiarato organizzazione terroristica lo scorso maggio. È anche probabile che le accuse alla copresidente del Cma siano dovute a legami con il Mak. “Alla nascita, nel 2001, il Mak si chiamava Movimento per l’autonomia della Calibia. Ovvero un movimento che militava per ottenere uno statuto speciale nella gestione di alcune competenze, cosa che non è mai stata ottenuta”. Nel 2013 il Mak è diventato il movimento per l’autodeterminazione della Cabilia con l’obiettivo chiaramente dichiarato di separarsi dall’Algeria. “Il diritto a chiedere l’autodeterminazione di un popolo è sancito dal diritto internazionale e anche dalla Costituzione algerina, e finché si fa con mezzi pacifici e democratici, ha il diritto di esistere”, precisa l’esponente del Mak.

Il prossimo 27 novembre si terranno le elezioni locali per il rinnovo dei consigli municipali e regionali. Partecipare o meno a queste elezioni si presenta come un dilemma per la Cabilia dove, secondo Belcacem Lounes, il 100 percento dei cabili ha boicottato le tre ultime elezioni algerine. Un fatto eccezionale, che poco è stato gradito ai vertici di Algeri.

(Céline Camoin)

(Nella foto, Kamira Nait Sid)

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