8 marzo, la difficile vita delle donne africane

di Enrico Casale
donna

Oggi, 8 marzo, si celebra la Festa internazionale della donna. È l’occasione per riflettere sulla condizione femminile in tutto il mondo e, per la nostra rivista, in Africa.

 

Nel continente africano la donna non conosce ancora una vera emancipazione. Secondo le statistiche fornite dalle Nazioni Unite, in campo lavorativo, solo il 5% dei manager africani è di sesso femminile. Solo il 50% delle donne in età lavorativa ha un’occupazione (contro il 77% degli uomini). Anche in campo politico si registra ancora una sostanziale emarginazione. Soltanto il 25% dei parlamentari africani è donna. Le donne sono poi vittime di antiche e nefaste tradizioni come le mutilazioni genitali (che in Paesi come la Somalia toccano quasi tutta la popolazione femminile), la poligamia, i matrimoni precoci, ecc. Nonostante questo però si registrano passi avanti. Come si legge nell’articolo che pubblichiamo qui sotto. Quindi, come redazione, non possiamo che fare i nostri migliori auguri a tutte le donne e a quella africane in particolare

di Veronica Tedeschi

In strada. Quando ero bambina mia madre usava queste due parole per riferirsi al centro del paese, dove poter acquistare beni di prima necessità in una bottega anni Novanta, in un macellaio o in una piccola cartoleria. Ad oggi questa accezione si è un po’ persa: le strade, nel mio paese brianzolo, ci sono praticamente ovunque ma, viaggiando, torna il senso delle dolci parole di mia madre.

In Senegal, ma non solo, in strada (quindi, dove inizia l’asfalto) puoi trovare macellerie, botteghe, diversi tailleur e molte, moltissime donne che dietro al loro banchettino di legno vendono verdura, frutta, frittelle dolci e altre delizie fritte. Donne bellissime nei loro vestiti colorati che avvolgono frittelle in fogli di giornale, prendono 100 franchi Cfa e proseguono con il cliente successivo.

Questa è una delle scene più tipiche della vita africana, che più di una volta ha fatto sorgere in me molteplici domande su cosa realmente si nascondesse dietro quel banchetto. Donne contente di lavorare fuori casa friggendo frittelle per tutta la vita o donne che vorrebbero fare di più ma che si sono abituate a questo stile di vita?

Essere donna in Africa può essere faticoso, può significare lottare giornalmente per ottenere gli stessi diritti di un uomo, può significare ingiustizia e sottomissione.

Spostandosi dal Senegal verso altri Paesi africani, magari tra i più radicali, troviamo donne non incluse nella società, che ancora oggi, nel 2019, risulta prettamente maschilista e ostile al cambiamento.

La condizione femminile in Africa non è riassumibile per grandi settori, non si può affermare, come fanno molti, che in Africa subsahariana le donne sono più rispettate rispetto alle donne dell’Africa centrale dove queste ultime devono giornalmente lottare per ottenere i diritti fondamentali. L’approccio al mondo femminile è vario e difforme in tutto il continente.

Come abbiamo visto, in Senegal le donne possono lavorare e guadagnare, seppur in maniera discreta, a differenza di altri Paesi in cui questo è vietato. Nella Carta costituzionale ghanese, per esempio, si leggono pari diritti per donne e uomini ma, nella realtà, questi diritti si affievoliscono sempre di più uscendo dalle città e addentrandosi nei villaggi, dove possiamo trovare mamme con circa 5 figli a testa e con un’età media di 20 anni, costrette a rimanere a casa con i bambini, senza possibilità di crescere e lavorare.

A dispetto della lentezza del cambiamento di mentalità che si sta avendo in quasi tutta l’Africa, non si deve essere pessimisti rispetto alla possibilità di avere in futuro un vero partenariato fra uomini e donne, fondato non solo sull’uguaglianza dei diritti ma su quella nei fatti.

Le prime conquiste sono arrivate già nell’anno passato: a partire dalla stessa Dakar, che ha visto il primo sindaco donna nella persona di Soham El Wardini. Dopo Soham il nome di Sahle-Work Zewde imperversò su tutti i giornali internazionali, come prima donna presidente dell’Etiopia e unico capo di Stato donna in carica in tutto il continente africano. L’elezione di Sahle arrivò in un momento storico molto importante, una settimana dopo che Abiy Ahmed, primo ministro riformista, nominò un gabinetto in cui metà dei posti furono attribuiti a donne.

Insomma, essere donna in Africa può essere complicato. Essere donna in Africa può essere faticoso. Essere donna in Africa, però, può anche significare rinascita, forza e bellezza.

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