Sudafrica: scontri frutto di miscela esplosiva, un’analisi

di Enrico Casale

In Sudafrica si è verificata un’ondata di devastazioni e di scontri scatenata da motivi economici, etnici e da rivendicazioni locali. Così Filippo Ferraro, missionario scalabriniano, riassume i disordini delle ultime settimane.

Gli incidenti sono iniziati con l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma e hanno causato, secondo la polizia sudafricana, 337 vittime. La violenza è poi degenerata in quella che è stata la peggiore agitazione dalla fine dell’apartheid, spingendo il presidente Cyril Ramaphosa a dispiegare l’esercito e a definire le proteste violente un tentativo di “insurrezione”. Dimostrazioni si sono avute nella provincia natale di Zuma, KwaZulu-Natal e Gauteng, le due province più popolose, che insieme rappresentano la metà della produzione economica del Sudafrica. Secondo stime correnti, nel KwaZulu-Natal il costo economico dei danni causati dalle violenze è stimato in 1,36 miliardi di dollari con 161 centri commerciali, 11 magazzini e otto fabbriche gravemente danneggiati.

Alla base della violenza, spiega padre Ferraro, c’è l’arresto dell’ex presidente. L’Africa National Congress lo ha emarginato fino a sostituirlo con l’attuale presidente Ramaphosa. “Il suo modo di gestire il potere non piaceva – osserva il missionario -, troppa corruzione e nepotismo. Parallelamente c’è stata una cattiva gestione della crisi economica e delle grandi imprese pubbliche. Pensiamo ai colossi in difficoltà come la Eskom (società che gestisce produzione e distribuzione della corrente elettrica) e la South African Airlines (la compagnia di bandiera. Nelle difficoltà di queste due grandi aziende è stata vista l’incapacità di gestire la cosa pubblica nel corso della gestione Zuma”.

A questa incapacità di Zuma nella gestione economica, si sono aggiunte le difficoltà innescate dalla pandemia di covid-19 e le tensioni razziali. Il virus ha messo in crisi sia l’economia formale, con i licenziamenti di molti dipendenti delle grandi aziende, sia quella informale, dalla quale dipende una parte importante della società sudafricana). Le difficoltà economiche non hanno poi fatto altro che acuire le tensioni razziali che, secondo il missionario, molti politici hanno contribuito ad accendere.

“Tutto ciò, ha creato una miscela esplosiva – continua padre Filippo -. Una miscela che è esplosa con l’arresto di Zuma, innescata dai suoi seguaci, ma ai quali si è aggiunto il malcontento e la frustrazione di migliaia di persone”.

In Sudafrica sono state settimane di grande violenza con saccheggi, pestaggi, feriti e morti. “Negli ultimi giorni – continua il religioso -, grazie anche all’invio dell’esercito, la violenza è scemata. Ma incidenti si registrano ancora un po’ ovunque nel Paese. A Città del Capo, dove vivo, il malcontento si è unito agli scontri tra compagnie per la gestione delle linee di taxi privati. Una violenza che si è aggiunta ad altra violenza”.

Secondo padre Filippo, alla base di tutti questi scontri c’è la mancanza di politiche che sappiano promuovere la crescita e l’integrazione. “Dalla fine dell’apartheid a oggi – conclude -, sono mancate politiche inclusive che sappiano portare a una graduale eliminazione della miseria. Le risorse ci sono, mancano politiche serie”.

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