Sierra Leone: trent’anni fa l’inizio della guerra civile

di Valentina Milani

Ricorrono oggi i trent’anni dall’avvio della guerra civile in Sierra Leone. Il conflitto, iniziato ufficialmente il 23 marzo 1991 dai ribelli del Fronte Unito Rivoluzionario (Revolutionary United Front), ha provocato la scomparsa di almeno 120mila persone, milioni di sfollati e terribili abusi documentati su bambini e bambine.

L’azione del Ruf, guidata dall’ex caporale dell’esercito Foday Sankoh, presumibilmente una risposta al corrotto governo in carica, innescò una serie di atti di terrore e violenza proiettata anche sulle città liberiane di confine. Il presidente fu estromesso nel 1992, e per cinque anni si susseguirono colpi di stato militari.
Nel 1996, dopo le prime elezioni multipartitiche, Ahmad Tejan Kabbah viene eletto presidente e firma un accordo di pace con il Ruf, ma viene estromesso poco dopo da un nuovo golpe guidato da Johnny Paul Koroma e dal Consiglio rivoluzionario delle forze armate (Afrc), forza composta da soldati dell’esercito e da transfughi del Ruf.

Ripartono le atrocità, ma solo nel 1999 ci sarà un intervento delle Nazioni Unite che condurrà il 27 marzo dello stesso anno all’accordo conosciuto come pace di Lomé. In base all’accordo, il comandante del Ruf Foday Sankoh otteneva la vice presidenza del paese e il controllo delle miniere di diamanti in cambio della fine delle ostilità.

L’accordo tuttavia non porta alla fine delle violenze. Il Regno Unito, supportato dalla Guinea decide quindi un intervento per salvare la missione delle Nazioni Unite e il debole governo del presidente Kabbah. Il 18 gennaio 2002 il presidente Kabbah dichiara ufficialmente conclusa la guerra.

Secondo gli analisti, le cause del conflitto politico-militare della Sierra Leone sono da ricercare in due filoni principali: il controllo dei bacini diamantiferi del sud-est del Paese, da parte delle fazioni in lotta, appoggiate dai governi dei Paesi limitrofi (come la Liberia), e i conseguenti tentativi di intromissione da parte di attori esterni (come la Nigeria) interessati allo sfruttamento dell’immenso potenziale di ricchezza della regione.

La Commissione per la verità e la riconciliazione, insediatasi alla fine della guerra, a conclusione del suo lavoro, nel 2004, ha indicato una serie di concause ugualmente determinanti: corruzione, ingiustizia, mancanza di diritti umani nelle comunità, povertà e un livello molto basso o addirittura inesistente di istruzione. 

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