In Africa, un Ramadan all’insegna di carovita e austerità

di AFRICA
ramadan

di Maria Scaffidi

E’ cominciato stanotte il Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera celebrato ogni anno dai musulmani. Secondo i calcoli degli astronomi, è iniziato ieri giovedì 23 marzo al tramonto del sole e finirà tra circa trenta giorni. È un mese nel quale i musulmani (in Africa il 45% della popolazione) sono chiamati alla purificazione del corpo e dello spirito, digiunano dall’alba al tramonto.

Si tratta di un Ramadan che risentirà ancora di restrizioni per la pandemia (solo in alcuni Paesi) ma che quest’anno risentirà soprattutto dell’inflazione e della carenza di alcuni generi alimentari, uno degli effetti della stessa pandemia e del conflitto in Ucraina.

In Tunisia, per esempio, è stato lo stesso presidente Kais Saied a intervenire invitando i consumatori a boicottare gli esercizi commerciali che aumentano in maniera indiscriminata i prezzi. Un intervento giunto un momento di difficoltà economica e sociale del Paese alle prese con vecchi e nuovi problemi, controverse dichiarazioni discriminatorie dello stesso Saied nei confronti dei migranti sub-sahariani, e una diffusa carenza di alcune generi alimentari: da settimane i panettieri stanno facendo incetta di farina per far fronte alle carenze del mercato; carenze che stanno interessando anche altri prodotti come caffè e zucchero.

In Egitto, sono le lanterne cinesi – diventate abituali ornamenti – ad essere rincarate. Ma allo stesso tempo i prezzi sono più alti anche per diversi generi di prima necessità. Cosa che non ha impedito il rituale degli auguri istituzionali. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha avuto un colloquio telefonico con il presidente del Sovrano consiglio di transizione sudanese, il generale Abdel Fattah al Burhan. Lo ha riferito l’ufficio della presidenza egiziana, aggiungendo che al Sisi ha augurato “progresso e prosperità al popolo sudanese e al governo sudanese”.

E proprio il Sudan, complice la crisi istituzionale e politica degli ultimi anni, continua a pagare un prezzo alto sul fronte della sicurezza alimentare. A Khartoum, la capitale del Sudan, molte famiglie in genere preparano e vendono con settimane di anticipo le delizie culinarie per celebrare la rottura del digiuno ogni sera, un pasto noto come Iftar. La differenza, quest’anno, è che tutti gli ingredienti costano il doppio rispetto a dodici mesi fa.

E andando in giro per altri Paesi africani le situazioni sembrano molto simili. Inflazione, difficoltà a trovare tutti i prodotti, incertezze. L’impressione è che dopo le restrizioni per la pandemia, quello di quest’anno sarà un Ramadan segnato dalle restrizioni imposte dal caro vita.

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