Il continente africano è quello dove il fenomeno del lavoro forzato è meno diffuso

di claudia

In termini percentuali, nel continente africano 2,9 persone su 1000 sono vittime del lavoro forzato. Un dato che fa emergere l’Africa come la macroregione dove il fenomeno è meno diffuso. Il dato emerge questa settimana dal rapporto dell’International labour organization (Ilo), l’agenzia Onu sul lavoro, intitolato “Profits and poverty – the economy of forced labour” (Profitti e povertà – l’economia del lavoro forzato). Nessuna regione del mondo è immune al fenomeno, sottolinea lo studio. L’Asia e il Pacifico ne ospitano più della metà del totale mondiale (15,1 milioni di lavoratori forzati), seguita da Europa e Asia centrale (4,1 milioni), Africa (3,8 milioni), Americhe (3,6 milioni) e Stati arabi (0,9 milioni). Questa classifica regionale cambia considerevolmente quando il lavoro forzato viene espresso in termini di percentuale della popolazione. Secondo questo parametro, il lavoro forzato è più elevato nei paesi arabi (5,3 per mille abitanti), seguiti da Europa e Asia centrale (4,4 per mille), Americhe, Asia e Pacifico (entrambi al 3,5 per mille) e Africa (2,9 per mille). 

Nell’insieme dei 54 Stati dell’Africa, il lavoro forzato genera ogni anno profitti illegali per 19,8 miliardi di dollari. Il dato, sottolinea uno studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) pubblicato questa settimana, è relativamente basso rispetto a quello di altre regioni. I profitti illegali totali più alti si registrano nella macroarea “Europa e Asia centrale” (84,2 miliardi di dollari), seguiti da “Asia e Pacifico” (62,4 miliardi di dollari) e “Americhe” (52,1 miliardi di dollari). Da soli, i 12 Stati della regione “Stati arabi” generano 18 miliardi di dollari all’anno di profitti illegali da lavoro forzato.

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